Nella Chiesa stanno accadendo cose che soltanto un anno fa erano assolutamente inimmaginabili. Per secoli ha imperato una impostazione sacrale della realtà ecclesiastica per cui sembrava che solamente attraverso la persona del Papa, del vescovo e del parroco arrivasse la volontà di Dio, non solo per i membri della Chiesa ma per tutta la comunità. L’impostazione gerarchica era rigida, i suoi interventi pressoché inappellabili, i responsabili della Chiesa sembravano gli unici depositari della Rivelazione; erano essi stessi prigionieri di questo schematismo rigido e assoluto.
Io che ho sempre amato don Mazzolari, ho conosciuto a fondo i drammi della sua coscienza di prete che, per intuito, intelligenza e santità, prevedeva il domani, ma gli fu impedito in tutti i modi di offrire il suo contributo ad aprirsi ai tempi nuovi. Certi vescovi e congregazioni vaticane sembravano i “padroni” non solo delle coscienze dei cristiani, ma di Dio stesso.
Papa Francesco, chiamato a Roma da “un Paese posto alla fine del mondo”, senza encicliche, sinodi e quant’altro, ha svuotato dall’interno questo mondo misterioso e sacrale e l’ha umanizzato, rendendo ogni rapporto più umano.
L’opera di questo Papa che si porta in viaggio la borsa con le sue cose, che telefona al giovane padovano dicendogli: «Diamoci del tu», che fa la carità come ogni persona di cuore, che dialoga con un fior fiore di laico qual è Scalfari, che promette all’anziana vedova sopraffatta dal dolore per la morte del marito di telefonarle almeno una volta al mese e che a chi gli fa osservare “come può fare cose del genere con tutti i suoi impegni?”, risponde: «Perché mi piace fare il prete!».
L’atteggiamento di questo Papa in undici mesi ha fatto crollare quell’impostazione mistica un po’ simile a quella dell’imperatore del Giappone o al “Figlio del Cielo” che governava la Cina.
Le folle che ogni giorno riempiono piazza San Pietro avallano ogni giorno di più questa scelta e il suo modo assolutamente nuovo di gestire i rapporti con i fedeli. Questo nuovo stile si sta diffondendo a macchia d’olio anche nelle periferie della Chiesa più di quanto non si potesse immaginare.
Ho conosciuto, tramite il bollettino parrocchiale, un anziano parroco di una minuscola parrocchia della pedemontana e qualche giorno fa ho letto queste espressioni.
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Carissimo mio vescovo Antonio e sigg. vescovi veneti, io amo l’essenziale, l’ecclesiale. Siamo però al débacle…. di tutto e abbiamo chiese vuote. La mia no… mai! Ma coraggio!
Fatevi vedere di più tra la gente, meno ideologie e carte di monsignori…
Chiedo scusa, ringrazio e prego sempre con gioia per tutti voi e avanti con i santi e con i briganti! Memento semper in Domine Mariaque.
Semonzo 21.02.14
don Giovanni Bello
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Io, in passato, per molto meno ho ricevuto richiami ufficiali. Comunque son contento che nella Chiesa si respiri finalmente uno spirito di famiglia e di autentica fraternità e reciproca e serena collaborazione.
10.03.2014