Non termina l’apprensione per un contrasto, una guerra in una parte di questo mondo, che già ne è scoppiata un’altra da qualche altra parte di uno dei continenti.
La stampa e i mass media in genere, che sono letteralmente affamati di notizie fresche e diverse, voltano le spalle e si dimenticano dell’ultimo conflitto crudele per buttarsi a capofitto su un altro scenario di guerra scoppiato in un’altra parte della terra, dimenticando quasi quello del quale si erano occupate per alcune settimane quasi non interessasse più. Così nell’opinione pubblica si insinua in modo subdolo l’idea che il precedente conflitto si sia in qualche modo risolto, o si sia concluso positivamente. Nel modo di parlare e di pensare pare che dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale l’arcobaleno della pace sia rimasto in cielo grandioso e bello, quasi che dal lontano aprile-maggio del ’45 del secolo scorso non vi siano state più guerre.
La cosa purtroppo non è assolutamente così: dalla metà del secolo scorso neppure si contano più le guerre. Per venire al giorno d’oggi, per due tre settimane non si è fatto altro che parlare della guerra civile in Siria, delle condizioni drammatiche di milioni di profughi e della barbarie, da un lato di un satrapo che adopera l’esercito nazionale per bombardare e distruggere il suo Paese e dall’altro di movimenti fondamentalisti arabi che si sono appropriati di un legittimo malcontento per tentare di instaurare regimi altrettanto illiberali ed assolutisti.
Da questo bubbone del mondo, per nulla guarito, l’attenzione dell’opinione pubblica prima si è spostata alla ribellione popolare dell’Ucraina e poi, non ancora rasserenato questo Paese, alle sorti della Crimea per la quale già stiamo penando e preoccupandoci. Putin ha bisogno di gloria e di sangue per rilanciare l’immagine della grande Russia. Già son comparsi all’orizzonte i carri armati, i soldati in tuta mimetica con fucili spianati, ultimatum e grandi proclami patriottici.
A poche settimane di distanza dall’Ucraina rieccoci a tremare per un altro possibile conflitto in Crimea. Questa volta però – è forse la prima volta – simpatizzo per la Russia. Se la Crimea è popolata, come affermano, da una popolazione russa, perché non lasciarla andare, questa popolazione, pacificamente con la Russia? Cominciando così a rispettare le autonomie linguistiche e religiose e accordarsi con patti bilaterali per il rispetto e la collaborazione tra le etnie diverse?
Mi domando perché non si permette che ognuno segua la propria bandiera, camminando però in pace gli uni vicino agli altri?
09.03.2014