Predicare

Uno dei crucci nella mia attività di sacerdote è certamente la predica. Sapeste come invidio i nostri parlamentari quando li ascolto alla televisione nei frequentissimi dibattiti, tavole rotonde, talk show che vengono trasmessi. Ammiro la dialettica, le immagini, la capacità di portare avanti le loro tesi, il linguaggio sciolto, forbito e brillante. Spero che sia tutto, come loro affermano, per amore al proprio Paese.

Comunque sono bravi e per me rimarrebbero tali anche se sapessi che lo fanno solamente per interesse.

Mentre io, prete, a cui è stato affidato il messaggio più importante per l’uomo e i valori dei quali la nostra società ha veramente bisogno, annaspo, tartaglio e mi aggroviglio nonostante non pensi altro da mane a sera per trasmettere questo messaggio, questa parola di Dio che dovrei offrire su un piatto d’oro, sia perché è il messaggio del Creatore, sia perché è diretto ai miei concittadini e fedeli che amo quanto mai e che avrebbero diritto ad un discorso limpido e convincente.

Durante gli anni della teologia in seminario avevamo anche un’ora alla settimana di “sacra eloquenza”, ma si trattava di materia pressoché preistorica in rapporto al linguaggio e allo stile attuale. Nonostante ciò in passato i preti facevano sempre bella figura perché gli ascoltatori non avevano altro con cui confrontare i discorsi dei loro preti. Ora ognuno si arrabatta come può. Quando poi qualcuno mi rivolge complimenti per il sermone, mi fa più male che bene perché penso che se ammirano un discorso così zoppicante, quanto più poveri devono essere quelli per i quali non solo non si complimentano, ma anzi criticano.

L’argomento della predica mi interessa quanto mai, perciò sto sempre con le orecchie tese per imparare, anche se poi finisco per parlare come mi è più congeniale.

Attualmente a Mestre i fedeli sono quanto mai ammirati dal modo di predicare di monsignor Longoni che celebra a Carpenedo. Io l’ho ascoltato più volte ammirando le sue prediche che sono autentiche lezioni, ben fatte, intelligenti e convincenti.

C’è pure un altro stile che ammiro: quello di don Lidio Foffano che celebra al “don Vecchi” di Campalto. Ha una predicazione che si rifà ad un dialogo costante e puntuale con la minuscola comunità che partecipa all’Eucaristia.

Spesso poi leggo sui periodici “Il nostro tempo”, “Credere”, “Gente Veneta”, “A sua immagine” o su “L’Avvenire”, i commenti al Vangelo domenicale, spesso però si rifanno ad un misticismo abbastanza formale, ma che corre su lunghezze d’onda astrali e temo che ben difficilmente possano “colpire” le coscienze delle persone del nostro mondo che sono ben estranee a concetti che nella nostra società sono fuori corso.

Altri si rifanno abbondantemente ai testi della Sacra Scrittura, però temo che se questi non vengono attualizzati rimangano ben lontani dai nostri interessi quotidiani.

Per quel che mi riguarda non ho mai fatto una scelta razionale, ma penso di essermi rifatto sempre al mio istinto e alla mia sensibilità; punto sempre ad un messaggio essenziale che partendo dal pensiero di Cristo abbia un forte impatto non solo razionale, ma pure emozionale che apra lo spirito e il cuore ad orizzonti aperti e convincenti e che motivino e diano significato alla vita.

Un tempo ho letto che questa formula è definita Kerigmatica, ossia una proposta forte che apra l’animo ai suggerimenti del Signore. Spero che sia così!

07.03.2014

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