“Ho pazienza, aspetto volentieri”

Pare che il “don Vecchi” favorisca la longevità. Sarà che l’ambiente è confortevole, sarà per la certezza che nessuno ti manderà via, sarà perché si ha la sensazione di vivere in un borgo, come una volta quando gli anziani si sedevano su una panchina a fumar la pipa e le vecchie a ricamare al tombolo o all’uncinetto raccontandosi le cose di casa, comunque sta di fatto che attualmente l’età media ha superato abbondantemente gli 84 anni e che gli ultranovantenni non sono proprio rari.

Un paio di settimane fa, dopo aver portato l’Eucaristia a nonna Gianna, che ha già compiuto novantanove anni, dato poi che avevo un po’ di tempo, mi sono fermato a conversare con lei. In pratica è stata lei a tenere il bandolo del discorso, perché io, piuttosto di essere un buon parlatore, sono cosciente di essere un ottimo ascoltatore, offrendo via via all’interlocutore nuovi indirizzi al discorso quando esso sembra stia per esaurirsi.

La veneranda signora mi ha raccontato delle figlie che sono sempre presenti, dei nipoti che pur essendosi affermati nella vita non dimenticano mai la loro nonna e la coprono di attenzioni e di affetto. Mi ha riferito delle sue abitudini alimentari, del cioccolato che prende ogni pomeriggio come tonificante, della birretta analcolica che non si fa mai mancare, del pranzo che le portano dal catering, ma che le basta per il mezzogiorno e per la sera. Mi ha detto di Tania, la sua assistente, che la coccola con tenerezza e che è meglio di una figlia. Mi ha pure descritto come passa la giornata tra riposini, ora in poltrona ora a letto, ascoltando la radio per non sentirsi sola. Ed essendo quasi cieca segue i dibattiti alla televisione riconoscendo dalla voce i principali protagonisti della vita politica. Mi ha raccontato dei suoi fiori dei quali gode accarezzandoli dolcemente con le mani.

E ad intervalli ritornava a ringraziare per l’appartamentino che le è stato assegnato più di vent’anni fa, ripetendo con commozione: “Qui mi trovo veramente bene, io sono pronta, ma se il Signore mi vuol tenere qui qualche tempo ancora, ci rimango contenta”. Poi ha concluso, con un tono un po’ sornione e divertito: «Io ho pazienza e aspetto volentieri, anche se il Signore ritarda a chiamarmi in Cielo!»

Al “don Vecchi”, come tutti possono immaginare, non è “tutto rose e fiori”, però credo che, tutto sommato, questo sia il clima e l’atmosfera che si respira generalmente, perciò penso che valga la pena di sopportare qualche croce pur d’avere la soddisfazione che gente che ha sofferto, patito, lottato tutta la vita, possa viverne così serenamente il vespero. Sono sempre stato convinto che la vita sia “una cosa buona”, ma se ci mettessimo un po’ di buona volontà potrebbe essere più bella ancora.

02.02.2014

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