Un paio di settimane fa i giornali e la televisione non hanno fatto altro che un gran parlare sull’interruzione dell’energia elettrica in varie vallate dell’agordino e soprattutto a Cortina. Le grandi nevicate hanno messo fuori uso chilometri di cavi di corrente elettrica e hanno danneggiato parecchie centraline.
L’uso della luce è ormai un dato scontato, nessuno più si meraviglia se premendo un bottone si accendono le lampadine ad illuminare a giorno la casa, premendone un altro i termosifoni portano in casa tepore di primavera e così per tante altre realtà di cui oggi pensiamo di non poter fare a meno. Forse solamente a causa di quella prolungata interruzione decine di migliaia di cittadini si sono resi conto di quanto abbiamo bisogno dell’elettricità e spero che abbiano capito che niente è certo e scontato. Anche la società più moderna e più organizzata non può garantire in maniera assoluta questo ausilio così utile, anzi necessario per un vivere comodo e civile.
In questi giorni, per una strana ma provvidenziale associazione di idee, ho associato la preziosità, ma pure la precarietà, di quella realtà che comunemente chiamiamo “luce”, con un’altra realtà di cui beneficiamo e che noi abitanti in paesi cristiani di antica data diamo per scontata e quasi pretendiamo ci sia elargita con sicurezza senza che muoviamo un dito per averla: la fede.
Forse questo accostamento mi è venuto avendo letto proprio in quei giorni la richiesta di Giovanni Battista, prossimo alla morte, che manda a chiedere a Gesù: “Sei tu o dobbiamo aspettarne un altro?”, nonostante avesse riconosciuto il Messia là nel Giordano quando Gesù gli aveva chiesto di battezzarlo.
Questo mi ha fatto capire quale gran dono sia la fede e quanto essa sia precaria perché basta tanto poco perché venga meno lasciandoci al buio completo e al freddo. La fede è un dono da chiedere, da difendere, da custodire e da alimentare, perché solamente la fede dà luce alla vita, ne dà significato e giustificazione e soprattutto apre un varco luminoso sulle tenebre che calano su di noi col passare degli anni.
A me capita spesso di chiedermi, di fronte alla bara di un uomo e di una donna: “che senso avrebbe faticare, cercare, soffrire, costruire, sognare, vivere, se poi quella realtà che comunemente chiamiamo “morte” venisse in un sol colpo a spegnere e distruggere tutto questo, consegnandoci al buio più pesto? Senza la fede la vita non solamente sarebbe un’assurdità, ma una beffa! Per questo e da parte mia farò di tutto per non metterla in pericolo e prego Dio che mi faccia la grazia di tenerla accesa, anche se non lo merito.
01.02.2014