Questo pomeriggio, dato che in cimitero s’è chiuso alle 12, mi sono preso qualche ora di libertà. Dopo aver pranzato con mio fratello Roberto e le mie sorelle Rachele, Severina e Lucia al Seniorestaurant del “don Vecchi”, assieme ai pochi residenti superstiti dagli inviti di prassi dei loro famigliari, ho prima fatto un pisolino, senza la preoccupazione di dover celebrare nella mia “cattedrale fra i cipressi”, poi ho seguito per intero il concerto di capodanno da Vienna trasmesso in Eurovisione. Ogni anno, quando seguo questo concerto, ho la sensazione di immergermi nella vecchia Vienna romantica; sono affascinato da quella sala in cui trionfa il barocco nel suo maggior splendore, dalla magia degli stucchi, dai grandi lampadari di Boemia, ma soprattutto dall’immensa orchestra e dal pubblico composto e partecipe che vibra letteralmente e si lascia coinvolgere fino in fondo dalla musica che è tipicamente viennese.
I primi brani non li conoscevo, ma quando il maestro ha alzato la bacchetta per dare il via al “Bel Danubio blu”, commentato dalle immagini di due ballerini di danza classica che volteggiavano leggeri e leggiadri, veramente ho avvertito qualcosa di sublime in cui danza, poesia e musica si fondevano in un’unica armonia. Quanta bellezza! Di quanta dolcezza soave sono capaci la donna e l’uomo!
Purtroppo, per una strana e inspiegabile associazione di idee, a questa visione si sono sovrapposte le tristi e tragiche immagini che avevo visto il giorno prima, sempre alla televisione, di giovani soldati congolesi in tuta mimetica che scorrazzavano con i fuoristrada, armati di mitragliatrici, nelle strade polverose di Kinsasa nel Congo martoriato da un’ennesima guerra civile, a caccia di altri giovani che indossano una tuta mimetica diversa, ma pronti, con le loro armi micidiali, ad uccidere, forse non sapendo, né gli uni né gli altri, il motivo di quella caccia spietata ed omicida.
Ebbi la stessa emozione tanti anni fa a Redipuglia, visitando il grande cimitero della prima guerra mondiale, dove sono sepolti, gli uni accanto agli altri, soldati italiani ed austroungarici, vedendo i prati verdi trapuntati dai sassi bianchi. Mi sono chiesto perché questi ragazzi, invece che spararsi a vicenda, non hanno giocato una bella partita a caccia al tesoro e, semmai, perché non hanno sparato a chi li ha mandati a morire senza alcun motivo!
Chissà che prima o poi gli uomini abbandonino la triste arte della guerra per dedicarsi alla musica, alla poesia e al gioco!
01.01.2014