Solamente il privato sociale…

Mercoledì (a fine novembre, NdR) ho partecipato al consiglio di amministrazione della Fondazione che gestisce i Centri don Vecchi.

Don Gianni, il giovane presidente, e i consiglieri, mi usano la gradita attenzione di rendermi partecipe dei problemi di questo ente che pian piano sta imponendosi in città nel settore dell’assistenza sociale. La cosa mi fa piacere perché mi sono sempre interessato ai problemi che riguardano la solidarietà, però mi capita talvolta di lasciarmi coinvolgere in maniera viscerale dai problemi trattati, cosa che da un lato mi fa star male. Dall’altro lato talvolta arrischio di finire per esagerare nel portare avanti le soluzioni che io ritengo più giuste.

Il tema principale dell’ordine del giorno dell’incontro era quello della gestione del nuovo Centro dedicato agli anziani in perdita di autonomia. Un paio di anni fa l’assessore regionale Sernagiotto ci affidò il compito di approntare un progetto pilota per una soluzione più attenta alla dignità e all’autonomia dell’anziano in perdita di autonomia, che fosse pure meno onerosa per gli utenti e per la società. Accettammo di buon grado questa sfida.

Dopo infinite peripezie, abbiamo ottenuto un’area ottimale, abbiamo messo a punto il progetto ad hoc con tre giovani architetti intelligenti e sensibili a queste problematiche, tanto che ormai la struttura è al tetto e ad aprile, maggio, sarà pronta.

Purtroppo a questo punto salta fuori la solita burocrazia che vorrebbe imporci un organigramma e delle modalità di gestione che si rifanno ai vecchi schemi che – almeno io – giudico superati, onerosi ed accettabili solamente dall’ente pubblico, abituato a spendacchiare, o dalle aziende commerciali invece, tutte tese a guadagnare comunque.

A questo punto è nata la mia ribellione: “Lasciateci far da noi, controllateci pure, ma soltanto fra un paio d’anni formulate pure un giudizio e, solamente se troverete assolutamente positiva l’esperienza, assumetela come un modello sul quale far riferimento per l’assistenza di questa tipologia particolare di anziani.

Ho la convinzione assoluta che il “pubblico” debba rifarsi al cosiddetto “privato sociale” per le sperimentazioni che sono assolutamente necessarie per approntare norme e per concedere finanziamenti. Solamente il “privato sociale”, ossia quella realtà che ha forti motivazioni sociali e non persegue fini di lucro, può aprire strade nuove e proporre soluzioni più attente all’anziano e meno gravose economicamente sia per le famiglie che per la società.

Ma per carità, lasciateci le mani libere, non intromettetevi con richieste formali che nascono da una mentalità burocratica che non può avere per l’uomo quella passione che normalmente ha solamente chi è mosso da ideali e che, pur senza stipendio, è disposto a sacrificarsi per il bene del suo prossimo!

28.11.2013

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