Finalmente!

E’ da una vita che vado ripetendo, solitario ed inascoltato dai più, che la solidarietà è parte integrante, anzi più importante, del messaggio di Gesù e che questo discorso non deve rimanere appeso alle nuvole del soprannaturale, ma deve trasformarsi in servizio e strutture. Sono infinite le volte che vado denunciando che nelle nostre parrocchie e diocesi si tende a costruire una Chiesa impostata quasi solamente sul culto e sui riti, mentre si trascura la carità.

Infatti, mentre si sono costruite, giustamente, chiese per il culto e i sacerdoti sono impegnati perché i fedeli le frequentino, ben raramente si riesce a trovare simile riscontro per le opere della carità; mancano quasi sempre strutture di questo genere e purtroppo anche un minimo di organizzazione per la carità. Il rito s’è imposto in maniera determinante, mentre la carità è rimasta la cenerentola che non riesce a liberarsi del povero involucro dell’elemosina.

Ora, già nel primo documento con cui Papa Francesco si rivolge alla Chiesa, c’è l’invito a cambiare registro: “Meno liturgia e più carità”, dice il Pontefice. Ma già, e prima dell’invito formale ad invertire la marcia, il Papa l’ha manifestato fin dai primi istanti del suo servizio alla Chiesa universale. E’ subito balzato agli occhi di tutti che questo Papa ha ridotto all’essenziale lo sfarzoso cerimoniale delle celebrazioni pontificali: sia nei gesti, che nelle vesti.

C’è da augurarsi che questo nuovo stile liturgico si diffonda anche nelle diocesi e nelle parrocchie con una semplificazione che riduca all’essenziale il modo di gestire il culto pubblico, eliminando un’ampollosità ormai insignificante, anzi pressoché incomprensibile all’uomo di oggi.

E’ vero che in questo ultimo mezzo secolo quest’opera di semplificazione ha fatto molta strada; se mi rifaccio alle messe e soprattutto ai pontificali ai quali ho assistito a San Marco da seminarista e da chierico, ho modo di constatare un’evoluzione, ma forse essa è ancor troppo lenta per essere significativa.

Ricordo che a quel tempo il Patriarca era bardato di tuniche, calzari; accanto a lui il cerimoniere, il caudatario per sorreggere la coda di tre quattro metri, un nobile con lo spadino, la guardia della Basilica con un’uniforme del settecento ed un numero notevole di chierici inservienti per la mitra, il pastorale.

Ora sono una ventina d’anni e forse più che non assisto più ai pontificali, però ho visto la messa del Patriarca nella mia “cattedrale tra i cipressi” per la ricorrenza dei morti, e mi è sembrato ancora un po’ di troppo il cava e metti dello zucchetto, della mitra e del pastorale. Penso che ci sia ancora un poco da sfrondare nella liturgia, ma moltissimo da aggiungere nei riguardi della carità e che, per la nostra società, per Papa Francesco e anche per me, l’esistente è ancora fin troppo sobrio ed elementare.

26.11.2013

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