Un’Italia da scoprire

La signora Mariuccia, la nota voce solista del “coro Santa Cecilia”, che anima tutte le feste l’Eucarestia al “don Vecchi” e nella “cattedrale fra i cipressi” e che inoltre si esibisce spesso, durante l’anno, nei vari Centri con dei programmi di musica lirica e romanze, ha convinto lo staff che organizza i “pomeriggi turistici” per i nostri anziani, di puntare, come meta dell’ultima uscita, su Arzerello, suo paese natìo.

Ho fatto fare una ricerca su Internet per avere qualche notizia su questo paese della nostra soprano. In verità ho trovato tanto poco: un paesino della bassa padovana, che in una minuscola frazione offre una chiesa denominata “del Cristo”. Le foto relative, del paese e di questo piccolo santuario, mi sono sembrate ben meschinelle, tanto che subito mi è venuto da pensare che avremmo fatto cilecca per questa uscita mensile che noi, con un po’ di retorica, chiamiamo “gita-pellegrinaggio”. Il fatto poi che i giorni precedenti ci avessero inflitto la coda del “ciclone Cleopatra”, che ha messo in ginocchio la Sardegna e che ci aveva offerto pioggia a volontà, mi avevano creato ancor maggiore apprensione e pessimismo.

Invece il buon Dio ci ha regalato una giornata primaverile, un cielo terso ed un sole proprio ammiccante ed affettuoso. Lungo il viaggio abbiamo potuto ammirare l’autunno nel suo fulgore, mentre tutta la catena del Grappa, ben visibile a motivo della pioggia che aveva ripulito l’atmosfera, ci ammoniva, con le sue cime innevate, che l’inverno è ormai alle porte.

Arrivammo verso le 15,30 al piccolo sagrato della Chiesa del Cristo, una chiesetta di campagna con una facciata insignificante. Ci accolse un signore in blue jeans che pensai fosse un contadino del posto, ma ben presto scoprii che era il parroco e “che parroco!”, ben cosciente della sua autorità! Prese in mano, fin da subito, la regia del nostro pellegrinaggio, spiegandoci alla buona la storia del santuario e del Cristo che vi era custodito. La storia risultò uno dei tanti racconti che, se non sono leggenda, di certo ne sono un parente prossimo. Quando ci permise di entrare, dopo il racconto-predica, scoprii subito che la cappella a destra, con il Cristo, era la parte antica alla quale, all’inizio del secolo scorso, avevano accostato una chiesa alquanto modesta ma ben curata ed accogliente.

La visione del Cristo, dipinto su tavola dal Donatello, o da qualcuno della sua scuola, da solo meritava veramente il viaggio: una splendida e dolce figura di squisita armonia e di calda umanità.

Poi, da anfitrione deciso, il parroco ci impose la recita del rosario ed una messa condita abbondantemente con canti vecchi e nuovi. Comunque ho notato che i miei vecchi hanno gradito quanto mai quella liturgia popolare e interventista e hanno seguito seriamente il rito ben più lungo, nonostante io abbia rinunciato, per motivi di tempo, al mio sermone sul dovere di cogliere la vita come un bel dono.

La seconda parte dell’uscita, con la consueta merenda – che per una persona un po’ parca basterebbe per colazione, pranzo e cena – s’è svolta nel bellissimo patronato della parrocchia vicina di Campagnola.

Penso che se avessimo portato la nostra allegra brigata di un centinaio di anziani del “don Vecchi” e di Mestre a Parigi o a Londra, non li avremmo fatti più felici!

Recentemente ho sentito che il petrolio è la ricchezza di una nazione e che noi italiani ne abbiamo giacimenti quasi infiniti: non di petrolio, ma delle nostre opere d’arte! Il guaio è che non sappiamo di averli e perciò siamo costretti a vivere da poveri.

23.11.2013

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