Un paio di settimane fa ho ceduto alla tentazione di vedere un altro film banale e scontato. La pellicola messa in onda da “Rai storia” narrava la vita di Caterina, la zarina di Russia, l’imperatrice che riuscì a liberarsi di un marito pazzo che stava screditando la monarchia e rovinando il Paese, riuscendo così a prendere in mano le redini del potere.
Confesso il motivo del mio “peccato” di sperperare in maniera così banale il mio tempo, mentre ho molte cose tanto più importanti a cui badare: provo da sempre una curiosità morbosa per le ricostruzioni storiche, per i film in costume e, in questo caso, per la messa in scena di un mondo che ho conosciuto attraverso le splendide opere di Tolstoj, Dostojevskij e di Cechov.
Ripeto, il film era una somma un po’ scontata di luoghi comuni: balli, divise militari pittoresche, galanterie sentimentali, intrighi di corte a non finire e lusso sfrenato. Il film però presentava, in maniera perfino troppo evidente, il mondo frivolo e flaccido, fatuo ed inconsistente di una aristocrazia ricca, spendacciona, che campava lussuosamente sulla sofferenza e sulla miseria dei poveri contadini di una società arretrata.
Mentre guardavo il susseguirsi di scene che evidenziavano il basso livello civile ed umano di quella società, capii che essa non poteva non generare che la rivoluzione dei Soviet. La rivoluzione russa è stata un’utopia di un mondo diverso e migliore, anche se poi questo sogno generato da una società dissoluta e priva di valori comportò tanto sangue e tanta miseria.
Ricordo che quando vivevo nella piccola comunità di sacerdoti di San Lorenzo, monsignor Vecchi ribatteva al rifiuto radicale di don Franco della politica e del modo di governare di De Gaulle e dell’ebrea Golda Meyer – i quali governavano con mano decisa che don Franco definiva “fascista” – che non erano questi uomini di Stato a determinare un clima quasi di dittatura, ma erano essi stessi invece ad essere espressione diretta di un certo tipo di società confusa ed irrequieta.
Questi ricordi mi hanno spinto ad accostare quel clima di disordine, di intrighi e di distacco dalla vita e dai bisogni reali del popolo, alla situazione in cui stiamo vivendo: faide di palazzo nel Pdl, lotta fratricida con colpi bassi nel Pd e frantumazioni costanti delle frange del Centrosinistra e del Centrodestra!
La gente è “disamorata”, non va più a votare, e chi lo fa punta sull’incognita finora sconosciuta di Grillo, il comico della politica.
Più volte ho sentito qua e là un già conosciuto ed amaro auspicio: “Ci vorrebbe un uomo forte che mettesse a posto le cose!”. Non si auspica più “l’uomo della Provvidenza” perché la società è sempre meno religiosa, però mi pare che ci siano tutte le premesse di un desiderio di ordine, di disciplina e di autorevolezza. Ho paura che, se andiamo avanti di questo passo, questo modo di pensare possa generare ancora una volta, il dittatore!
22.11.2013