Ritorno ancora una volta su un argomento sul quale già ho riflettuto ad alta voce in passato. Lo faccio perché anch’io sono membro di questa città e da sempre sono convinto che non si può stare alla finestra, ma è doveroso dare il proprio contributo, seppur umile, alla vita della nostra città.
L’occasione di questo intervento me l’offre l’incontro dell’altro ieri a Roma ove ministro, presidente della Regione e sindaco di Venezia hanno preso delle decisioni sull’ingresso in laguna delle grandi navi. Non ho ben capito quale sia il risultato. Zaia e Orsoni sono ritornati soddisfatti, mentre le migliaia di lavoratori, piccoli commercianti e cittadini che vivono della ricchezza portata a Venezia da queste città galleggianti cariche di gente che spende, lo sono un po’ meno, anzi sono delusi e in rivolta.
So, da quanto ha pubblicato Il Gazzettino una settimana fa, che le entrate economiche di Orsoni sono quanto mai ingenti, ma penso che pure Zaia possa vivere tranquillamente anche senza gli euro che arrivano dalle grandi navi.
Qualche giorno fa un certo giornalista del Gazzettino ha pubblicato un articolo dal titolo “Quelli del NO” ed ha enumerato la serie di rifiuti che tutti conosciamo perfino troppo bene. Alla serie molto lunga e dibattuta in questi giorni si è aggiunto il NO alle navi e l’altro NO al “Gardaland” nell’isola abbandonata alla sterpaglia e popolata dalle pantegane. Sembra che la politica cittadina sia condizionata più dai ragazzi dei centri sociali e dalle dame che discutono le sorti della città mentre prendono il tè nei salotti buoni, che dalle esigenze della povera gente e dai bisogni di restauro dei palazzi, delle chiese e delle case che cadono a pezzi (vedi l’ultima denuncia delle vetrate del Vivarini di San Giovanni e Paolo).
Io ritengo che non possiamo soltanto continuare a mendicare dallo Stato, il quale sta spendendo fin troppo, ora per il Mose e prima per la legge speciale, ma bisogna pure darci da fare perché Venezia ridiventi veramente “la perla della Laguna”.
Andando a Lourdes sono passato per la cittadina medioevale di Carcassonne e sono stato quanto mai ammirato da come abbiano restaurato e conservato quel borgo che si offre in tutta la sua bellezza e in tutta la sua originalità ai visitatori di mezzo mondo. Credo che siamo ancora in tempo per salvare Venezia. C’è bisogno di bonificare i rii, i palazzi e le case malsane e gestire con oculatezza, con i piedi per terra, con sano realismo tutte le potenzialità che vi sono ancora, cogliendo con saggezza le opportunità quanto mai numerose e provvidenziali che sono state offerte in questi ultimi trent’anni e che invece sono state sprecate per arroganza e per dilettantismo politico, bisogna uscire dall’immobilismo che paralizza e sta strangolando la città. Sta “partendo l’ultimo treno”. Salviamo Venezia ora o mai più!