“La vera religione è questa”

Ogni tanto me ne va qualcuna di dritta, ma non troppo di frequente. Come prete ho un sacco di difetti: criticone, mai contento, diffidente con la gerarchia, poco spiritualista ed altro ancora. Però mi riconosco almeno due o tre pregi. Ho sempre lavorato tanto, non ho mai fatto una predica senza prepararmi e soprattutto ho tentato di essere libero ed onesto con me stesso e con gli altri pagando per questo “il conto” senza ribattere.

Domenica scorsa penso che il mio sermone sulla preghiera abbia “fatto centro” e che mi sia andata dritta, ossia spero di essere riuscito a passare l’idea che pregare non consiste in una litania sbrodolosa di avemarie, o in un salmodiare soporifero con parole e concetti senza impatto sul cuore e sulla testa. Mi pare di essere riuscito a passare la convinzione che pregare è qualcosa di inebriante che sa di amore e di primavera nell’immergersi in Dio (amore – felicità – sapienza – tenerezza – infinito) e riuscire perciò a cogliere nella vita quotidiana, negli eventi, nei volti delle persone e nella natura, gli infiniti messaggi e le attenzioni amorose di Dio.

Credo che uno dei difetti più diffusi e perniciosi della religiosità contemporanea sia quello di affidarsi acriticamente alla prassi trasmessaci dalla tradizione e non tentare di reinventare metodiche nuove di spiritualità. Sono convinto che il cristiano di oggi debba mutar pelle, debba cercare di far emergere dal bruco stanco e che striscia per terra, la farfalla leggera e bella.

La religione di oggi non deve essere condizionata dalle formule, dai luoghi comuni e dalla prassi consolidata, ma deve essere ricerca appassionata del vero, del bello, del giusto e del buono. Per me la religione è liberazione, ebbrezza di vivere, onestà intellettuale, libertà interiore.

Un pensatore francese ha compilato il credo del non credente ed un altro la preghiera dell’ateo. In realtà questo tipo di personaggi ho l’impressione che siano religiosi perché tentano di essere onesti, autentici, di rivolgersi all’Assoluto con le parole, con i gesti e con i mezzi di cui dispongono.

L’altro ieri ho celebrato il funerale di un vecchio più che novantenne: un uomo buono nel senso più vero della parola, un uomo che ha amato la sua famiglia, un uomo che ha lavorato tanto fino alla fine ed ha amato il suo lavoro, un uomo umile e rispettato dal prossimo. Andava poco, veramente poco in chiesa; non so perché, ma son convinto che il Padre non solo lo ha aspettato, ma si è alzato dal suo trono dorato per andargli incontro.

Quando Gesù, dialogando con la samaritana presso il pozzo di Giacobbe, le disse che era giunto il tempo che “l’uomo adorasse Dio in spirito e verità”, penso che si riferisse proprio a questo modo di essere religiosi. E sono pure convinto che il nostro sia veramente quel tempo auspicato da Gesù.

21.10.2013

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