Come ho affermato ormai troppe volte, esco dal “don Vecchi” verso le 7,20 del mattino per aprire le mie amate chiese del cimitero, la cattedrale prefabbricata e la vecchia cappella ottocentesca costruita esattamente 200 anni fa assieme al camposanto di Mestre. Il tragitto è sempre il solito: via dei 300 campi, via Sem Benelli, via Goldoni, via Trezzo e via Santa Maria dei Battuti, per arrivare alla meta: la piazzetta dei cipressi antistante l’ingresso principale del cimitero.
Sono strade abbastanza solitarie durante le prime ore del mattino, battute solamente da alcuni concittadini che vengono dalla direzione opposta e finiscono per raggiungere la meta comune attraverso il “viottolo della solidarietà” che si imbocca proprio davanti al “don Vecchi” il grande parco verde di viale don Sturzo, per permettere ai loro cani di scorrazzare indisturbati tra l’erba verde.
Fino a qualche mese fa questo parco non vedeva anima viva, se non i rari anziani del “don Vecchi” che vanno al supermercato dell’Ins o, i più “nobili” di loro, a prendere il caffè al bar o a giocare qualche puntata alle macchinette (purtroppo il male del minigioco d’azzardo ha qualche affezionato cliente anche tra i residenti del Centro). Il parco si anima solamente nel pomeriggio perché frequentato dai ragazzini che, non potendo fruire da più di mezzo anno del parco antistante alla chiesa di San Pietro Orseolo perché i lavori di bonifica sono sospesi, si divertono con i pochi giochi trasportati dal vecchio al nuovo prato sotto gli occhi disattenti delle mamme che approfittano di questa occasione per chiacchierare tra loro.
Al mattino però il parco è animato dai cani, di tutte le taglie e di tutte le razze che, sciolti i guinzagli dai loro padroni, possono finalmente ritrovare il loro habitat originale, trastullarsi aiutati dai padroni che fan loro rincorrere pezzi di legno o palle colorate lanciate lontano. Ma soprattutto per fare i loro bisognini indisturbati sotto lo sguardo benevolo e compiaciuto dei loro accompagnatori. In realtà loro, per far la pipì, non disdegnano di alzare la gambetta anche ai margini della strada, ma per le loro necessità più consistenti amano il parco. Da noi, ai margini della città, si vive ancora secondo natura per cui palette, sacchetti di plastica per la raccolta differenziata, sono assolutamente sconosciuti.
Confesso che mi piace vedere queste scenette bucoliche: persone di trenta, quarant’anni che accompagnano con tanta tenerezza i loro cani, talora di media taglia e spesso poco più grandi di una pantegana, ma lustri, ben nutriti e soprattutto tanto amati, che conducono, secondo i loro estrosi desideri, i loro padroni a passeggio.
Non c’è volta che non mi salga dalla coscienza il giudizio amaro: “Quanta gente dedica tempo, denaro e amore a questi animali, ma non trova qualche ora alla settimana per soccorrere vecchi, bambini e persone di altri Paesi poveri che avrebbero bisogno del loro aiuto disinteressato e generoso.
Penso che anche san Francesco, amante del Creato ed amico del lupo di Gubbio, sarebbe più contento che questi nostri concittadini destinassero un po’ meno tempo ai cani e più ai loro simili.
29.09.2013