Scuole di rieducazione

Ho letto che finalmente il ministro degli interni ha mandato altri quattrocento poliziotti per fermare la guerriglia dei NO TAV in val di Susa per impedire loro di distruggere le macchine con le quali si sta lavorando per il traforo della montagna. Non sia mai che io mi permetta di dare un giudizio sulla validità di questo progetto. So solamente che la Francia pare che abbia quasi terminato il tratto di sua pertinenza nel suo territorio, mentre noi andiamo avanti con passo di lumaca, anzi spesso stiamo fermi a causa dei valligiani e soprattutto della manovalanza dei “soldati di ventura” pronti a combattere per delega.

In Italia pare che tutti gli esperti, e deputati a decidere in merito a queste cose, abbiano discusso all’infinito e poi abbiano deciso. Credo che anche il più stupido sappia che mai si può pretendere che non ci sia qualcuno che obietti, ma in ogni Paese con un minimo di senso civico, chi è deputato dalla maggioranza decide. Anche in questi casi i dissenzienti hanno il diritto di influire, su chi ha il compito di decidere, ma con mezzi pacifici e non tentare di imporre il proprio parere con azioni di teppismo.

Detto questo rimane sempre la questione dei centri sociali che sono sempre i portabandiera e i soldati di ventura di qualsiasi dissenso, specie di quelli più eversivi.

Il dottor Bettin, eminente sociologo veneziano, persona che stimo, ha sempre sostenuto che è bene mantenere aperti i centri perché si possono controllare. Io non sono mai stato di questo parere perché reputo che in uno Stato di diritto sia sempre comunque la maggioranza a decidere, si tratti di ferrovie, grandi navi o caserme americane.

Mi pongo invece il problema se non sia il caso di pensare a campi di rieducazione. I Paesi ritenuti i più avanzati da un punto di vista sociale da parte della sinistra, quali la Russia, la Cina, il Vietnam, la Cambogia ed altri ancora, hanno sempre adoperato questo strumento per “rieducare alla democrazia”. Non capisco perché il PD, che si ispira a questi modelli, non chieda che anche da noi si usino, magari anche con forme meno rigide, queste scuole di democrazia. Mi riesce tanto difficile comprendere che le istituzioni non si preoccupino affatto di “rieducare” ad una sana democrazia queste frange eversive sempre pronte a menar le mani, a rompere e a muoversi secondo regole che per i più rimangono sconosciute e che comunque non sono previste dalle leggi del nostro Paese.

30.09.2013

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