L’incontro

Una delle mie vecchie alunne delle magistrali, conoscendo le mie simpatie e i miei orientamenti pastorali, mi ha regalato il numero di “Repubblica” di due giorni fa. Il quotidiano ha dedicato la prima pagina e gran parte della seconda all’incontro tra Eugenio Scalfari, il fondatore di questo giornale – uomo che non fa mistero del suo ateismo – e Papa Francesco.

Confesso che mi sono letteralmente commosso alla lettura della lunga intervista con cui Scalfari racconta, con impareggiabile maestria ed umanità, il suo dialogo col Papa. Dovrei impiegare tutte le dodici pagine de “L’Incontro” per descrivere la commozione interiore e l’ebbrezza spirituale che ho provato leggendo questo singolare colloquio, così profumato di sincerità e di calore umano, tra due personalità tanto diverse ma, nel contempo, tanto simili.

Mi soffermo soltanto sul motivo, forse più banale, per il quale ho trovato tanto conforto e letizia interiore leggendo l’intervista di Scalfari e le risposte precise, pulite, ma dirompenti di Papa Francesco. Mi vergogno quasi di rivelarlo tanto è intimo e personale, ma confesso che uno dei drammi più amari nei miei quasi sessant’anni di sacerdozio è sempre stata la solitudine ideale all’interno della mia, pur amata, Chiesa. Mi sono sempre sentito solo; poche volte ho avvertito il conforto della condivisione con i fratelli di fede, ma soprattutto con i preti, miei colleghi. Quanto spesso ho penato dentro di me avvertendo che quasi nessuno dei miei confratelli condivideva la mia concezione di libertà di coscienza, del modo di essere obbedienti, di una Chiesa libera e povera, dell’impegno pastorale che privilegiasse i cosiddetti “lontani” e i poveri e non si fermasse alle altisonanti enunciazioni teoriche e soprattutto si sporcasse le mani sulle vicende dell’uomo vero.

Quante volte non ho sofferto in solitudine sentendomi circondato da una religiosità ridotta a cerimonia e a rito o da una comunità dall’impostazione gerarchica che spesso non lasciava quasi trapelare paternità e fraternità vera.

Quante volte ho avuto la sensazione che tanti mi pensassero spericolato e spregiudicato, perché ritenevano che camminassi sul ciglio dello spartiacque tra fedeltà e infedeltà alla comunità cristiana.

Le parole di Papa Francesco a Scalfari mi hanno dato un senso di liberazione, mi hanno offerto una Chiesa dal volto umano, mi hanno fatto sentire che insieme a tutti, ed ognuno con la propria individualità, si deve cercare e camminare verso i valori più alti della vita, che costituiscono per tutti la porta per entrare nel Regno.

01.10.2013

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