Domenica scorsa ho predicato, come tutti i preti cattolici di questo mondo, sulla pecorella smarrita. Interpretando ed analizzando il brano evangelico secondo la mia sensibilità (e cosa avrei potuto fare diversamente?). Credo però di non essermi discostato di molto da quello che han detto e dicono tutti i preti a proposito di questa parabola. Ho affermato alcune cose che oggi sono ovvie, ma che la gran parte dei preti non dicono. Ad esempio oggi non avviene più quanto ho letto sul volume che riporta la relazione della visita pastorale del Patriarca cardinal Flangini. Riguardo questa visita, fatta intorno alla metà dell’ottocento, si legge che i parrocchiani di San Marcuola o dei Carmini che non adempivano al precetto pasquale della confessione erano sette e quelli che non si comunicavano erano dodici.
Potrei sbagliarmi di qualche unità, ma non di molto, mentre nell’ultimo numero di “Gente Veneta”, in prima pagina, un titolo a cinque colonne apre un approfondito servizio sulla pratica religiosa nel nostro patriarcato dal tono “Sposarsi si (ma non in chiesa)”, con l’occhiello che specifica “meno di un matrimonio su due si celebra all’altare”. Ed io aggiungo “senza contare le convivenze”.
La scorsa settimana si scrisse, sullo stesso periodico, che su ogni dieci nati, due non sono battezzati. E qualche tempo fa si scriveva pure che la frequenza al precetto festivo superava di poco il 15 per cento, ossia su cento “credenti” 85 non vanno a messa tutte le domeniche. Di fronte a queste cifre, credo che anche il nostro Patriarca potrebbe, o forse meglio dovrebbe scrivere – come fece il cardinal Suar, arcivescovo di Parigi cinquant’anni fa – ai suoi preti e ai suoi quattrocentomila fedeli: “Venezia, Mestre, Mira, Jesolo, Caorle, Quarto d’Altino sono ormai terra di missione! Da rievangelizzare!”.
Ma, a differenza delle sessanta volte che nei miei sessant’anni di sacerdozio commentai questa parabola, ho aggiunto: «Come mai tanto zelo per recuperare l’unica pecora smarrita e tanta tranquillità nell’abbandonare le 99 rimaste sole? Questo comportamento può sembrare del tutto irrazionale? Che non sia che quella che se ne va è la migliore in assoluto? E che quelle che sono rimaste nel gregge siano state solamente apparentemente buone, fedeli e affezionate al pastore?».
Se osservo il comportamento e le scelte pastorali di Papa Francesco, il pastore delle periferie, dei profughi, dei “peccatori” o semplicemente di Scalfari, debbo concludere che egli pensa e si comporta non come noi pastori siamo abituati, ma come quello sconsiderato, imprudente ed irrazionale pastore descritto dal Vangelo.
Leggendo bene la Bibbia si possono fare anche delle scoperte: che i “vicini” potrebbero essere veri “lontani”. Così la pensava forse anche sant’Agostino quando disse: «Ci sono uomini che Dio possiede, ma la Chiesa non possiede ed altri che la Chiesa possiede, ma Dio non possiede!».
22.09.2013