La scommessa

Ieri mattina (varie settimane fa, NdR, prima della messa, sono andato presso il futuro “Villaggio solidale degli Arzeroni” per visitare il cantiere, assieme al presidente della Fondazione, don Gianni, e al suo manager Andrea, per vedere come procedono i lavori.

Pensavo, quando Andrea mi invitò, che si trattasse solamente di vedere la distribuzione degli spazi, dato il fatto che io non riesco bene a leggere i disegni e ad immaginarmi come essi si traducano nella realtà delle pietre. Ma ben presto scoprii che c’era un motivo ulteriore. Andrea aveva invitato i responsabili del pool di imprese che stanno realizzando la struttura: una quindicina di specialisti – dai muratori al responsabile della sicurezza, dagli idraulici agli elettricisti, dai progettisti (che poi sono tutte donne) agli addetti ai pavimenti – per fare una proposta che mi ha fatto quanto mai felice. Proponeva di anticipare la consegna del manufatto ad aprile del prossimo anno piuttosto che a novembre come è previsto dal contratto, riconoscendo, ben s’intende, un’aggiunta al prezzo fissato per i maggiori oneri che questa anticipazione arreca ai costruttori.

Per me, che vedo il calendario che gira i giorni sempre più velocemente, la proposta non può che far piacere, perché mi piacerebbe vedere la conclusione del “don Vecchi 5” e l’inizio del “don Vecchi 6”, struttura che avrebbe una diversa destinazione, ma sempre di tipo sociale.

Quando vent’anni fa abbiamo progettato il primo “don Vecchi”, siamo partiti con estrema preoccupazione, scommettendo sulla validità del progetto, assolutamente innovativo sulla domiciliarità degli anziani di modestissime risorse economiche, mediante gli “alloggi protetti”, con spazi comuni per la socializzazione e costi economici alla portata di tutti, perfino di chi “gode” (in realtà poco) della pensione sociale. La scommessa è stata vinta, tanto che la nostra soluzione è diventata mosca cocchiera per tanti Comuni ed organizzazioni sociali.

In questi giorni abbiamo fatto una seconda sfida nei riguardi degli anziani poveri, ancora del tutto coscienti ma con disabilità fisiche più o meno gravi. Siamo ai primi passi di questa scommessa, e li stiamo giocando con oculatezza, ma pure con una certa preoccupazione. Sogniamo il vecchio che rimane il padrone di casa sua, potendo godere di un aiuto che la società gli assegna e con la presenza di persone che lo supporteranno con un sentimento di profonda e calda solidarietà.

Collaudata questa fase intermedia di uomini verso il tramonto, rimarrebbe la terza scommessa, alla quale altri hanno dato risposta, taluno per fare business e talaltro appoggiandosi all’apparato burocratico degli enti pubblici che tutti conoscono per la poca efficienza e per il costo elevato.

Per ora mettiamo questa sfida come obiettivo remoto, ma sarebbe esaltante poterla fare con il nostro stile e la nostra mentalità che è ben differente da quella degli operatori del settore. Chi vivrà vedrà!

20.09.2013

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