Un tempo i buoni preti si facevano un dovere di leggere “L’osservatore romano”, il quotidiano della Santa Sede e del Papa. Ci deve essere stato un tempo – forse dopo un ritiro o un corso di esercizi spirituali – che per un anelito alla santità, anch’io ho sentito il dovere di prendermi il giornale del Papa. Il proposito durò poco tempo, perché pian piano nacque nel mio animo un senso di rifiuto: repulsione che col tempo diventò sempre più radicale.
Le foto delle beatificazioni di suore di due, trecento anni fa, con le loro tonacone e le cuffie di altri tempi, le pose, se non bigotte, perlomeno pietistiche, il riportare i discorsi interminabili e “teologici” del Papa, le cronache delle presentazioni dei vari ambasciatori presso la Santa Sede, mi resero il giornale sempre più indisponente sia per i contenuti che per l’impostazione grafica pesante e ottocentesca, che dava l’impressione di un vecchiume ecclesiastico da soffitta.
Il rifiuto crebbe a tal misura che quando un addetto alla diffusione del periodico mi telefonò per invitarmi all’abbonamento, rifiutai in maniera decisa, aggiungendo che il giornale dava “scandalo” e presentava una Chiesa che non aveva più nulla a che fare con la gente e perfino con i preti che la amano e la sognano viva, giovane e bella. Così finì il mio rapporto di un amore mai nato nei riguardi dell'”Osservatore romano”.
Senonché da qualche settimana un mio caro collaboratore liturgico, fedele devoto, che si è abbonato al periodico, mi passa quello della settimana prima che lui ha letto o che avrebbe desiderato leggere. Il giornale non è cambiato un granché, né si mette in competizione con i grandi periodici come “Repubblica”, “Il Corriere della sera” e neppure, perfino, con “Gente Veneta”, il giornale della diocesi veneziana, però si presenta con una veste povera, candida, pulita ed innocente, per cui desta quasi tenerezza, tanto che l’attuale “Osservatore romano” potrebbe competere, dal punto di vista di impostazione grafica, appena con “L’Incontro” – e non sarebbe proprio certo che la vincerebbe. E neppure per la varietà dei contenuti spazia troppo, però riporta fedelmente e senza commento i discorsi del Papa, che pur essi si presentano disarmati, disadorni e poveri, ma ricchi di semplicità e di un profondo afflato spirituale, come si diceva un tempo, tanto che anch’io, che un pizzico di anticlericalismo me lo porto nel sangue da sempre, leggo tanto volentieri e con edificazione e mi fa sempre almeno sognare e desiderare una Chiesa migliore.
Questa scoperta potrebbe rappresentare un altro apporto per il volume “I fioretti di Papa Francesco”, o meglio ancora un “miracolo” per la sua futura beatificazione.
19.09.2013