Dietro la maschera

Oggi sono costretto a fare un discorso che di primo acchito potrebbe sembrare in netta opposizione a quello che ho fatto ieri quando mi sono messo in guardia e ho messo in guardia i miei amici verso certi nominalismi dietro i cui nomi nobili ed altisonanti si nascondono bassezza d’animo, cattiveria, meschinità, tornaconto personale e prepotenza. La mentalità e il comportamento degli italiani sono pieni di un certo populismo, di un certo legalismo e di una certa cultura che non ha supporti umani, razionali e morali seri e consistenti.

Oggi però sono costretto a mettermi in guardia da certi giudizi affrettati in cui è facile cadere. Talvolta un volto poco gradevole, un modo di fare troppo sicuro di sé ed un comportamento un po’ fuori dalla norma, porta facilmente ad emettere un giudizio affrettato, leggero, che mortifica ingiustamente una persona e può farla soffrire.

Io ho avuto in un passato molto lontano una amara lezione a questo riguardo, però qualche giorno fa ci sono ricaduto e questo mi addolora e mi mortifica. Insegnavo allora alle magistrali e in una certa classe avevo un alunno di diciassette anni che occupava un banco in fondo alla classe e disturbava in maniera seria: era irrequieto, disattento, talmente indisciplinato che ero costretto a richiamarlo continuamente. M’ero fatto decisamente una brutta impressione, lo ritenevo svogliato, fannullone e poco educato. Senonché un giorno, durante la pausa fra un’ora e l’altra, mi si accostò e mi disse: «Don Armando, perché lei ce l’ha con me?». Io risposi che il motivo era la sua indisciplina che disturbava la classe e mi faceva faticare più del necessario. Al che, con gli occhi un po’ lucidi, mi disse che aveva la mamma in ospedale da due mesi, che in casa niente più funzionava a dovere e suo padre era particolarmente irritabile. Mi chiese scusa, e per i due anni che lo ebbi come alunno, fu irreprensibile e di condotta esemplare. E pure adesso, a distanza di tanti anni, mi tratta con affetto e riconoscenza.

Rimasi male, perché dovevo essere io, più anziano ed insegnante, ad accostarlo personalmente, per rendermi conto della condizione di disagio in cui viveva, non il ragazzo ancora adolescente. La lezione mi giovò assai, tanto che prima di emettere un giudizio ci penso non una volta, ma molte di più.

Qualche giorno fa però, mi capitò pressappoco la stessa cosa non con un ragazzo ma con una persona in età. Anche in questo caso sono venuto a conoscenza dello sfascio della sua famiglia, del fallimento a livello professionale, e ho capito quindi che il mio giudizio era poco nobile, perché quell’uomo aveva bisogno più di comprensione e di conforto che di un rifiuto e di biasimo.

Dietro la maschera fittizia si possono fare le scoperte più sorprendenti. Talora v’è meschinità dietro a certi volti contrassegnati da perbenismo, talaltra invece dietro a certe maschere di abiezione si trova qualcosa di ancora bello e sano. Il dolore purifica, però spesso costringe a smorfie che ingannano.

03.09.2013

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