Io devo fare uno sforzo in più dei nostri giovani preti perché ho ricevuto un’educazione ormai datata che di certo aveva i suoi pregi, ma altrettanto certamente, aveva i suoi limiti.
Qualche giorno fa ho avuto un incontro, assieme ad alcuni amici collaboratori, con l’assessore della Regione Remo Sernagiotto. Il motivo dell’incontro era il desiderio e il bisogno di un franco confronto sul progetto della Fondazione di dar vita ad una struttura che risponda alle problematiche del disagio abitativo per certe categorie di persone; ad esempio padri o madri separati, disabili desiderosi di indipendenza, giovani fidanzati che non possono sposarsi per difficoltà finanziarie, lavoratori fuori sede, famigliari dei degenti in ospedale, vecchi preti ed altri ancora. Il nostro sogno è quello di creare una soluzione assolutamente innovativa, perché diventi provocazione per l’ente pubblico e per la società e crei una nuova e più avanzata cultura in questo settore.
Assessore, architetti, collaboratori hanno aperto il confronto dandosi immediatamente del tu. Io sono rimasto imbarazzato quanto mai, tanto che Sernagiotto dovette provocarmi dicendomi: «Se non mi dai del tu, anch’io sono costretto a darti del lei!». Oggi ho capito che il confronto deve avvenire a tutto campo, deve avvenire un po’ alla pari, senza reticenze e con estrema franchezza.
Ci trovammo subito d’accordo nel constatare che i vecchi schemi abitativi sono ormai del tutto sorpassati e che si devono trovare strade nuove per socializzare e per creare supporti umani più autentici. Una volta ancora il confronto apre le porte al dialogo e ad una sinergia oggi assolutamente necessaria.
Mentre il discorso procedeva spedito, scorrevole, collaborativo e franco, mi veniva da pensare alle nostre parrocchiette arroccate dietro i loro confini, il loro linguaggio, i loro schemi mentali e ai relativi parroci; anche i più pii e i più zelanti sono chiusi nelle loro chiese, nei loro patronati e nelle loro canoniche, con una forma di spiritualità, devota si, ma anche avulsa dalla vita, una realtà nebulosa con un’idea di dottrina sociale della Chiesa, tagliata fuori dal mondo. Questo tipo di cristianesimo sa ormai di muffa, s’avvia alla sterilità, sia da un punto di vista umano che sociale e pure religioso. Il cristianesimo che si arrocca dietro lo steccato, che non osa uscire dalla trincea, che non si sporca le mani con le nuove idee, la nuova sensibilità, lo stile di vita e cultura d’oggi è destinato all’asfissia o comunque a non crescere e a non contribuire affatto al domani.
Don Milani ebbe a questo riguardo una frase fulminante: “a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?” E Gaber, che sta su una sponda opposta, ma altrettanto significativa e provocatoria: “Vivere è partecipare!”.
Sono tanto vecchio, ma per fortuna sento ancora il desiderio e il bisogno di stare sulle barricate!
16.09.2013