Con l’inizio del campionato di calcio è iniziata la strana e odiosa ballata dei costi dei calciatori e dello stipendio che questa categoria di giocolieri percepisce.
Ho sempre pensato che se un genio fa una scoperta che aiuta in maniera consistente l’umanità, – ad esempio chi ha scoperto la penicillina – meriti un riconoscimento significativo anche a livello economico per il suo apporto al bene della società. Oppure ritengo anche che se un imprenditore, in questi tempi difficili per l’economia, riesce a mantenere a galla la sua fabbrica o, meglio ancora, ad estendere la sua attività assicurando stipendi seri ai propri dipendenti e producendo ricchezza per la società, gli debba essere riconosciuta la sua bravura.
Per me è giusto il criterio della meritocrazia non solamente ad alti livelli ma anche a quelli più bassi, perché l’impegno, l’intraprendenza, la dedizione al lavoro, meritano un riconoscimento economico. Infatti non sono per nulla d’accordo con i sindacati che hanno l’atavica tendenza ad appiattire tutti sugli stessi livelli, sia che un dipendente si impegni sia invece che faccia il fannullone. Con questo non sono minimamente del parere che le persone meno dotate, i disabili e perfino le personalità fragili e labili vengano escluse dal processo produttivo: hanno diritto anche loro di poter vivere dignitosamente, così come chi ha ricevuto da madre natura dei talenti più significativi li metta a servizio anche di chi ne ha meno.
Però vi sono, nella nostra società, delle sperequazioni veramente intollerabili. Credo, anche se comprendo quanto sia difficile, che si debba tendere con il massimo impegno ad una… perequazione economica che tenga conto delle necessità reali di tutti e non tolleri assolutamente più differenze abissali.
Oggi ci sono delle categorie che hanno degli stipendi stratosferici: sportivi, politici, magistrati, dirigenti di enti pubblici, manager, generali e via dicendo. Possibile che, calcolate a parte le spese inerenti alle funzioni di questa casta di privilegiati, non si possa stabilire uno stipendio minimo di mille euro ed uno massimo di cinquemila? La rivoluzione sociale purtroppo pare non solo non ancora iniziata, ma nemmeno progettata.
E dire che se ogni italiano al mattino si rivolgesse a Dio, pregandolo seriamente: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», quasi tutti i problemi del nostro Paese e del mondo intero sarebbero in gran parte risolti.
In attesa di tutto ciò, rinnovo il proposito a livello personale, di consumare solamente il pane che mi permette di vivere, perché quello in più è degli altri.
31.08.2013