Il prete “nuovo”

Trenta, quarant’anni fa la stampa sembrava avere quasi una curiosità morbosa nei riguardi del prete. Letterati di vero talento, sollecitati dall’opinione pubblica, hanno prodotto degli autentici capolavori sulla figura del sacerdote, presentandolo dalle diverse angolature, ma sempre facendone emergere una figura di particolare interesse e ricchezza umana.

In verità non ho mai capito quali fossero i motivi veri che hanno spinto questi narratori a scandagliare l’animo, la vita di quest’uomo di Dio, ma soprattutto della Chiesa. Talvolta ho pensato che fosse il celibato, questa scelta strana e forse inconcepibile per l’uomo della strada, a destare un interesse quasi morboso per i suoi sentimenti. Altre volte m’è venuto da pensare che fosse la lunga tonaca nera a destare il senso del mistero.

C’è stato un tempo in cui mi parve perfino che fosse quel senso di sacralità che la gente ritaglia addosso al prete a farlo ritenere quasi il rappresentante di un mondo sconosciuto e suscitare interesse. Credo però che, amici o nemici del prete, fossero accomunati, per motivi diversi, dall’indagare su questa strana figura. Il prete era, da tanti, avvertito come una realtà venuta da confini misteriosi e, da un numero forse più piccolo, come una mistificazione che approfittava dell’ignoranza degli umili per imporsi. Di certo la lettura di questi romanzi è stata per me determinante nel configurare la mia personalità di sacerdote.

Venne poi il Concilio, che spazzò via il latino, la lingua della messa e del breviario, che quasi distingueva e qualificava il sacerdote; la tonaca fu appesa al chiodo perché troppo ingombrante, soprattutto legata al passato e i sacerdoti inizialmente vestirono il clergyman, abito che li faceva assomigliare un po’ ai pastori protestanti ammogliati, ma ben presto apparvero addosso ai preti le più strane ed eccentriche vesti colte dallo sport o dalla moda. I sacerdoti cominciarono ad uscire sempre più frequentemente dalle canoniche, dai confessionali e dalle sagrestie per vivere intenzionalmente come tutti ed essere più vicini alla gente.

Pian piano l’aria del sacro e del mistero cominciò a rarefarsi e il vestire, il parlare, il comportarsi come tutti, tolsero al prete quel sacro ineffabile, inserendolo e mescolandolo sempre più decisamente con la gente comune.

Sono convinto che era ineluttabile che avvenisse questo processo e che, tutto sommato, esso fu, alla fin fine, vantaggioso. Però, a motivo di questa evoluzione rapida, è sempre assolutamente più necessario che il prete oggi si qualifichi per la santità, l’amore al prossimo, il servizio e per l’offerta di valori e di speranza. Questo percorso però è ben più arduo e difficile del precedente. Il prete del dopo Concilio non ha trovato ancora cantori appropriati e forse non li ha trovati perché la nuova figura di prete non è ancora sbocciata completamente così da meravigliare e da edificare. Papa Francesco, per fortuna, sta tentando di farlo fiorire più velocemente e, da quanto intuisco, sarà un gran bella figura quella del prete nuovo.

30.08.2013

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