Mi pare sia Bertolt Brecht che ha scritto: “Quando nel `De bello gallico’ si legge che Cesare conquistò la Gallia, penso che non fosse proprio solo ma che avesse con sé almeno un barbiere”, per dire che Cesare fu un brillante condottiero, ma che disponeva delle poderose legioni di romani per vincere Vercingetorige e così conquistare il paese d’oltralpe. Da sempre si dà per scontato che il merito e pure il demerito di grandiose imprese sia solo del capo.
Più volte, nei miei discorsi di inaugurazione delle strutture o delle attività in cui mi sono cimentato, ho sentito il bisogno e il dovere di affermare pubblicamente che con me c’era stata una intera comunità che ha, almeno globalmente, condiviso l’obiettivo che poi è stata indispensabile nel suo realizzo. Credo che per ogni impresa umana avvenga tutto questo. Spesso mi sento lodato o ringraziato per un’opera che è stata realizzata dall’apporto determinante di una intera comunità. Ed altrettanto spesso mi si imputano sbagli, errori e fallimenti che invece sono dipesi dalla balordaggine, dalla indisciplina dei miei collaboratori.
Vorrei pur far presente che mentre nell’esercito o in fabbrica la catena di comando è ferrea, per cui il subordinato deve eseguire gli ordini pena la perdita del posto di lavoro, con i volontari le cose sono ben diverse. Al “don Vecchi” e nei suoi derivati “lavorano” almeno duecentocinquanta volontari, assunti a scatola chiusa, senza alcuno skimming preventivo. Motivo per cui ho con me un po’ di tutto: gente fortemente motivata da valori ideali, gente che non sa come passare il tempo, gente che spera che gliene venga qualche utile, gente che pensa che un volontario possa permettersi di fare quello che crede, e via di seguito. Comunque e sempre sono “lavoratori” spesso splendidi e generosi, però qualche volta povera gente che fa quello che può. In ogni caso il volontario può piantarti in asso quando vuole e per qualsiasi motivo. Sono ben cosciente di avere con me una specie di esercito di Brancaleone, però solamente con queste truppe devo combattere la mia “guerra”.
Un tempo, quando facevo l’assistente della San Vincenzo, avevo come presidente l’amministratore delegato di COIN, il quale inizialmente pensava di poter disporre di un personale selezionato, intelligente, sempre sull’attenti, ma ben presto capì che con i volontari era tutt’altra cosa.
Faccio questa lunga premessa sperando che i concittadini mi perdonino tutte le gaffes, i contrattempi, i malintesi e le furberie che sono tentati di addebitarmi. Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera di protesta, giustissima nel suo contenuto, che mi faceva rilevare le deficienze della mia gente. Dovetti scusarmi e dire: «Grazie signora, so bene con chi ho a che fare, però spero che, tutto sommato, sia preferibile fare qualcosa con questo volontariato che far niente senza di esso. Forse per questo motivo alcuni miei colleghi hanno deciso di starsene con le mani in tasca.
29.08.2013