Un Paese è ricco quando gente che dispone di risorse decide di investire in quel territorio. Questo vale a livello industriale e commerciale, ma pure a livello sociale e pastorale. Di solito gli investitori impegnano le loro ricchezze in ambienti che offrano delle prospettive vantaggiose, dove siano ben accolti e dove la società offra condizioni di favore.
In Italia, in questo momento, la situazione è preoccupante perché gli investitori fuggono a causa dei costi, della burocrazia, dell’insicurezza sociale (vedi il caso attuale di Marghera che rischia di perdere le commesse di una grande nave a causa della intransigenza della Fiom), anzi pare che essi se ne vadano dal nostro Paese.
Qualcosa del genere mi pare che capiti anche per la pastorale. A Mestre la vita religiosa ristagna perché coloro che potrebbero investire non sono ben accetti, trovano un ambiente chiuso e difficile e perciò dirottano in altri luoghi la loro “ricchezza”. A Mestre le aziende pastorali presenti sono le parrocchie, però sono piccole, poco efficienti, spesso superate nei metodi e con pochissimo personale.
Facciamo alcuni esempi: quali potrebbero essere gli investitori qualificati e specializzati nel settore giovanile?
A livello di congregazioni religiose certamente i salesiani, per scelta e per preparazione, sono i migliori. A Mestre però non c’è un loro oratorio in tutta la città. Attualmente sono presenti alla Gazzera con un’ottima scuola professionale, ma nulla più. Non so se mai la curia patriarcale abbia richiesto un inserimento massiccio di questi preti per i ragazzi e la gioventù, offrendo una parrocchia e favorendo il loro impegno pastorale.
Ci sono pure i Padri di don Orione al “Berna” con un buon istituto, però non di grosso respiro. A livello associativo chi, in questo momento storico, ha ancora molta presa sui ragazzi, è lo scoutismo, però la diocesi investe troppo poco e pochi preti in questo settore e non preme sufficientemente perché le parrocchie si aprano a questa realtà.
Nel settore della carità esiste la Caritas, ma a Mestre è pressoché ininfluente. La San Vincenzo ha avuto negli ultimi decenni uno sviluppo insperato, ma ora pare ripiegata su se stessa, è presente in non molte parrocchie e soprattutto mancante a livello giovanile. Ora c’è un tenero virgulto della “Misericordia” che ci fa sperare, però ad esempio la Comunità di Sant’Egidio non riesce affatto a decollare.
A livello di adulti è molto attivo il movimento neocatecumenale, però è chiuso in se stesso; mi pare che per formazione sia poco disponibile ad aprirsi agli altri ad una collaborazione anche fuori dalla propria “cittadella fortificata”. Mentre “I Focolari” e il movimento carismatico è pochissimo presente e mi pare non attecchisca in maniera seria.
Credo che al punto in cui ci troviamo “il governo” della nostra Chiesa locale dovrebbe impegnarsi di più per attivare questi investitori ricchi di esperienze specifiche, altrimenti arrischiano di morire di inedia.
03.08.2013