Questa mattina ho letto sul Gazzettino che il nostro Patriarca ha completato le nomine ai vertici della Curia, quindi il governo della Chiesa veneziana è ormai al completo e nella pienezza delle sue funzioni per i prossimi cinque anni.
Ho l’impressione che questa compagine di promozione del messaggio cristiano, di coordinamento delle forze in campo e dell’attuazione del programma pastorale, sia più snella della precedente e abbia ancora la caratteristica che il governo sia maggiormente accentrato.
Il nostro Vescovo, fin dal suo ingresso, aveva affermato che si sarebbe riservato un anno di tempo per conoscere prima gli uomini e le situazioni. L’unica volta che il Patriarca è venuto al “don Vecchi” di Carpenedo, per un convegno di sacerdoti della zona, avendo io avuto occasione di sedergli accanto a pranzo in qualità di “padrone di casa”, gli chiesi – soprattutto per rompere un silenzio imbarazzante – che cosa ne pensasse dei preti veneziani. Mi rispose, asciutto, che me l’avrebbe detto fra un anno. Con la nomina mi ha puntualmente risposto almeno per quanto riguarda i vertici, ossia i sacerdoti più rappresentativi su cui posa la sua stima e la sua fiducia: mons. Pagan, che è il suo vice, monsignor Barlese, responsabile dell’azione pastorale, monsignor Pistollato che si occuperà dell’aspetto economico ed ora monsignor Perini che continuerà ad occuparsi della catechesi. Questi sono i ministri del governo diocesano. Il Patriarca ha ancora nominato alcuni viceministri, ma questi fanno sempre capo al “governo”.
Ripeto di aver notato uno smagrimento di questa compagine governativa, d’altronde Venezia ha così pochi preti e per di più anziani, per cui è più che comprensibile la volontà di non distogliere quanto possibile i sacerdoti in diretta “cura d’anime” per impegnarle in curia.
L’aspetto più vistoso che mi pare di rilevare in queste scelte è che sembrerebbe scomparso ogni seppur piccolo segno di decentramento, specie per Mestre, mentre nel passato si era pensata perfino una sede patriarcale in terraferma e poi c’era la figura, seppur quasi totalmente formale, di un vicario patriarcale per Mestre, tanto che talvolta qualcuno s’azzardava a parlare di “Chiesa mestrina”. Ora sembra che questo indirizzo sia stato definitivamente abbandonato non solamente a livello civile, ma anche ecclesiastico. Mi pare quindi che Mestre perda definitivamente anche la seppur minima sua identità formale per rimanere la periferia assimilata in tutto alle problematiche di Venezia.
Ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro. Mi auguro e prego perché questo nuovo indirizzo risulti comunque positivo per la nostra comunità ecclesiale.
26.07.2013