Spero che i miei amici mi perdonino il fatto che ancora una volta io sottolinei la “rivoluzione” di Papa Bergoglio. Confesso che questa “rivoluzione” mi libera dai sensi di colpa che mi porto dietro da una vita intera.
Non confido niente di nuovo se ritorno su vecchi eventi ormai coperti dall’abbondante coltre di polvere depositata da decenni; ora però i discorsi “da vecchio e buon parroco di campagna” di Papa Bergoglio rispolverano questi eventi e fanno emergere certe mie “prodezze” pagate con l’emarginazione per tutta la vita.
Ho parlato altre volte di queste cose, ma gli anziani sono noti per queste ripetizioni. C’è perfino una bellissima “beatitudine” attribuita ad un anziano che afferma: “Beato chi non mi ripete ad ogni passo: questo l’hai già detto altre mille volte, beato chi mi ascolta senza mortificarmi per queste ripetizioni”.
Ebbene, quella volta doveva entrare in diocesi il vescovo di Vittorio Veneto Albino Luciani. Non ricordo, ma penso che fossimo vicini al ’68. Già mi aspettavo l’auto di rappresentanza scortata dai motociclisti della stradale, poi la gondola da parata in Canal Grande e poi ancora il presentatarm di una rappresentanza dell’esercito e della marina in piazza San Marco. Tutte cose che mi parevano stonate per un discepolo di Gesù. Scrissi allora sulla “Borromea”, il settimanale del Duomo, una lettera aperta al nuovo Patriarca chiedendo che facesse l’ingresso, non ricordo più se con la vecchia “Cinquecento” o con la “Seicento”. Mi giunse subito una lettera dalla curia che bollava la mia intemperanza.
Qualche tempo fa ho letto un volume di Marco Roncalli che riporta, a proposito del clima tempestoso al tempo di Papa Luciani, la mia presa di posizione.
In tempi andati poi, era vicario generale il vescovo, mons. Giuseppe Olivotti. Questi fu un ottimo prete, buono e generoso, che fondò l’Opera Santa Maria della Carità, opera che i posteri resero malconcia. Lui era ricco di famiglia, viaggiava in Mercedes. A quei tempi che un prelato avesse la Mercedes era come se oggi avesse una Ferrari fiammante, cavallino rosso.
Pure a lui scrissi – ora capisco “l’impertinenza”: “Non è lecito ad un discepolo di Gesù andare in Mercedes!” Mi scrisse una lettera di rimprovero però, essendo un buono e santo prete, neanche un mese dopo la vendette.
Ora spero che l’intervento ben più autorevole, di Papa Francesco, metta in crisi parecchi colleghi che viaggiano in BMV e che ogni paio d’anni cambiano macchina! C’è voluto tanto tempo, comunque sono già contento di non aver sbagliato proprio tutto e spero di non sbagliare anche su tante altre cose su cui Papa Bergoglio non ha avuto ancora tempo per intervenire.
07.07.2013