Dove sta il giusto?

Questa mattina è cominciata veramente male. Come al solito alle 7,30, orario di apertura del nostro cimitero, ero pronto per riordinare la “cattedrale” e la vecchia chiesa succursale. Verso le 8,15 ero già in sacrestia a fissare sulla carta qualche riflessione per questo mio appuntamento quotidiano con i miei amici.

Il primo impegno l’avevo alle 9,30 per accompagnare in cielo una mia vecchia parrocchiana. Senonché, mentre rigiravo la biro tra le mani per scegliere l’argomento, entrò dalla porta – che lascio sempre aperta – un giovane vestito dignitosamente e dal volto pulito. Mi chiese un aiuto per pagare la bolletta della luce. Cominciai a tentare di inquadrare la persona e la situazione (chi legge le mie vicende ricorderà come, non più tardi della settimana scorsa sono incappato in uno dei tanti raggiri che i “poveri di professione” sanno imbastire in maniera magistrale).

In breve, questo giovane era di Favaro, la bolletta era di 90 euro: 50 – disse – gliele aveva date il suo parroco, quindi ne rimanevano 40. Gli chiesi come mi aveva scoperto; infatti, in passato, uno dei professionisti della questua mi mostrò una listarella di preti con gli euro che erano soliti dare ai poveri, listarella che aveva comprato da un suo collega più intraprendente di lui: nella lista c’ero anch’io! Gli chiesi come mai alla sua età non lavorava, dato che avrà avuto circa vent’anni. Gli diedi due euro, sempre per via della decisione di dare quello di cui dispongo ad una struttura che, come mi ha insegnato mons. Vecchi, avrebbe continuato a far del bene per almeno altri cent’anni. Mi salutò dicendomi “grazie”. Dopo mezz’ora l’avrei rincorso e gli avrei dato anche il portafoglio!

Neanche dieci minuti dopo, sempre dalla porta aperta, entrò una ragazza, pure lei sui vent’anni, chiedendomi aiuto perché aveva una bambina e il suo compagno l’aveva mollata. Anche lei era di Favaro, però l’avevo vista domenica mattina alla porta della chiesa di Carpenedo ed un po’ più tardi armeggiare con un signore. E poi lei stessa mi ricordò che un giorno le avevo detto che mi facesse telefonare dal suo parroco e, se lui l’avesse fatto, gli avrei mandato un’offerta perché gliela passasse. Don Alfredo mi telefonò. In verità non aveva molti più elementi di quanti non ne avessi io, comunque gli mandai 30 euro. Pure a questa ragazza diedi due euro, ma non provai rimorso perché aveva un fare un po’ malizioso e perché ebbi la sensazione che questuasse per mestiere.

Celebrai male la messa e la coscienza mi tormentò per tutta la giornata. Tentai di rasserenarmi dicendomi che quando a questa gente offri generi alimentari, frutta e verdura e vestiti, normalmente lasciano cadere il discorso. So però, per esperienza diretta, che per vivere ci vogliono anche soldi contanti. A me non costa dare; confesso che mi farebbe lo stesso dare ai questuanti e alla Fondazione per i Centri don Vecchi. Resta il fatto che se avessi fatto la prima scelta più di 500 anziani oggi non avrebbero una casa. Però neanche questo mi dà totalmente pace.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.