Un paio di settimane fa mi ha telefonato un signore da Torino, il quale mi disse che aveva scoperto in internet la nostra esperienza dei Centri don Vecchi e che desiderava visitare le nostre strutture, informarsi sulle “dottrine”, sui criteri di costruzione, di accoglienza e di gestione con i quali stiamo conducendo avanti l’iniziativa di un nuovo tipo di domiciliarità per gli anziani, soprattutto per quelli di minori possibilità economiche.
L’altro ieri questo signore mi ha ritelefonato dicendomi che sarebbe venuto con due architetti ed un membro del consiglio regionale del Piemonte, che è pure membro del consiglio di amministrazione della fondazione di cui lui stesso è presidente.
Stamattina ho accolto al “don Vecchi” la delegazione piemontese chiedendo che fossero con me due membri della Fondazione Carpinetum, il ragionier Giorgio Franz per quanto riguarda l’aspetto finanziario e il geomentra Andrea Groppo per quello che concerne gli aspetti tecnici. Durante l’incontro venni a sapere che il signore di Torino aveva acquistato un intero piccolo paese in val di Susa, attualmente pressoché disabitato, nel quale sogna di costruire una megastruttura impostata sulla dottrina e sui criteri abitativi che noi stiamo sperimentando.
Confesso che in fondo all’animo si è affacciata l’illusione di essere quasi un innovatore, un padre fondatore di un nuovo mondo per gli anziani, ma questa tentazione si è dissolta presto, consapevole dei limiti della mia senilità.
L’incontro è stato cordiale e quanto mai costruttivo, i piemontesi sono stati ammirati e riconoscenti affermando che avrebbero fatto tesoro della nostra esperienza e chiedendomi consulenza anche per l’avvenire. Noi invece abbiamo capito che il loro dialogo con la Regione Piemonte, la ULSS e il Comune era estremamente collaborativo e che questi enti con cui collaboravano si sentivano riconoscenti per gli apporti del privato sociale e disponibili a finanziare sia la costruzione che la gestione di chi li aiutava a risolvere in maniera nuova, più economica e più rispettosa degli anziani, mentre i nostri referenti locali ci considerano dei noiosi questuanti, o peggio dei “rompiscatole”, piuttosto che dei provvidenziali collaboratori.
A conclusione della visita, mentre facevo il bilancio sull’aspetto positivo che ci riguardava, mi venne in mente l’affermazione di Gesù: «Nessuno è profeta nella propria patria!» I riconoscimenti che finora ci sono pervenuti, fortunatamente molti e calorosi, ci sono giunti da fuori piuttosto che dai nostri “governanti”.