Una volta ancora il dover presentare ai fedeli il brano evangelico, durante l’Eucarestia domenicale, mi ha creato qualche difficoltà.
Settimane fa la pagina del Vangelo trattava della famosissima frase di Gesù: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”
Di primo acchito mi sentii imbarazzato di dover parlare di un argomento che mi sembrava ormai logoro e scontato.
Nel passato questa frase evocava i problemi dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, con le relative problematiche, degli sconfinamenti relativi che hanno generato, da una parte il cesaro-papismo e dall’altra il clericalismo.
Il problema non pare ancora definitivamente risolto. Ora si sono cambiati i termini per definire questo problema, tanto che è attualmente sulla bocca di tutti la “distinzione dei ruoli”, affermata da una parte e dall’altra, anche se poi si sconfina trattando “i ruoli” come elastici che si allungano o si accorciano a seconda del proprio interesse.
Nell’oratoria religiosa si indugia ancora sul dovere di “pagare le tasse” come se i doveri nei riguardi della comunità civile, in cui si vive, si riducessero al dovere di lavorare più di sei mesi all’anno in maniera che il governo possa sperperare senza eccessiva preoccupazione!
Nella mia riflessione mi è parso invece di capire che la “parte di Cesare” consiste soprattutto nel dovere di interessarsi della cosa pubblica, di partecipare attivamente, di reagire uscendo allo scoperto da un lato e dall’altro di mettersi a disposizione mediante il volontariato per supplire, per aprire soluzioni nuove, per tappare i vuoti che l’organizzazione pubblica non riuscirà mai a tamponare.
Sono arrivato a concludere che far volontariato non è una vocazione di pochi, ma un dovere di tutti, perché il Cesare di Roma è sempre lontano, distratto ed incapace di avere attenzione per i drammi spiccioli dei suoi sudditi!