Don Gallo

E’ morto don Andrea Gallo, il prete genovese noto in tutta Italia per le sue prese di posizione, per il poco ossequio verso le gerarchie ecclesiastiche, per la sconfinata ammirazione per il cantautore De André e per la sua frequentazione del mondo dei drogati, delle prostitute, dei transessuali, dei centri sociali e della sinistra estrema. Confesso che questa morte, per me non prevista, mi ha sconcertato.

Sono rimasto scosso da questa notizia ferale perché non sapevo che ultimamente don Gallo non stesse bene di salute, ma in cambio sapevo bene che aveva la mia età. Parlare della morte, dire che non si ha paura di morire è abbastanza facile, ma se poi constati che le date dei morti di cui celebri i funerali girano tutte attorno alla tua età, e venendo a sapere della morte non prevista del “collega”, col quale si è stretto un certo rapporto di pensiero, porta un certo sconvolgimento.

Ripeto ancora una volta che avevo sentito parlare di don Gallo una decina di anni fa come un prete della fronda, filocomunista, irrequieto, sbandato da un punto di vista dottrinale, che la gerarchia teneva sott’occhio per le sue stravaganze e per le sue prese di posizione per nulla ortodosse; ma nulla più. Dentro di me non avevo preso posizione essendo arrivato, per esperienza diretta, alla conclusione che l’autorità costituita è purtroppo sempre più preoccupata per chi fa fughe in avanti o tenta di praticare un cristianesimo radicale e da Vangelo, che per chi invece sonnecchia, s’accoda alla massa, pensa ai fatti suoi, è ossequiente all’autorità, per chi non prende posizione su niente, tira a campare e vive una fede in modo estremamente borghese, pago di vedere accese le candele, di controllare che il profumo di incenso sia gradevole e l’acqua santa sia senza germi.

Ho conosciuto invece più da vicino questo vecchio prete un paio di anni fa leggendo una sua strana e particolare autobiografia che m’è stata donata da qualcuno che, non sapendo cosa regalarmi, ha scelto un volume sulla cui copertina c’era il volto di un vecchio prete con un sigaro in bocca e un cappellaccio nero a larghe falde in testa. Conoscere le parole, le scelte, il pensiero e la vita di questo prete, mi ha toccato a fondo, messo in crisi e – perché no? – edificato.

L’amore di don Gallo per gli ultimi, i perduti, i fuori strada, gli abbietti della nostra società, mi ha sorpreso. Le scelte di don Gallo d’istinto le ho collegate ai movimenti radicali del tempo di san Francesco descritti nel volume “Nel nome della rosa” di Umberto Eco, che volendo vivere autenticamente il Vangelo, come Francesco d’Assisi, hanno faticato alquanto per farsi legittimare dall’autorità religiosa costituita. La nostra società perbenista e il nostro cristianesimo formale tagliano fuori con un colpo netto, senza pensarci due volte, quel mondo che Gesù ha amato e del quale ha parlato con bontà.

Forse non tutti condivideranno il mio pensiero, però io sono propenso a mettere il nome di don Andrea Gallo accanto a quelli di don Tonino Bello, don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari, padre David Maria Turoldo e qualche altro. Penso che fra non molto anche don Gallo diventerà una bandiera per i cattolici: siamo purtroppo un popolo che ancora “uccide” i profeti e poi erige loro i monumenti.

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