Alla sera ascolto il telegiornale mentre ceno con la televisione accesa, così mi pare di essere in compagnia, perché cenare da solo mi porta sempre un po’ di tristezza. Nella mia infanzia a tavola eravamo sempre una brigata: papà, mamma, sette fratelli, ed un tempo c’era pure il nonno.
Le notizie del telegiornale non sono purtroppo mai belle, eppure sono la vita della nostra società ed ascoltandole mi pare d’esserne immerso. Penso che un prete, se vuol essere “lievito”, debba sempre e comunque immergersi, almeno idealmente, nelle vicende del mondo in cui vive.
Mentre mangiavo la ricotta fresca mandatami dalla signora Luciana, quella che tiene la rubrica “Giorno per giorno” de “L’incontro”, fui attratto dalla voce del giornalista che pronunciò un paio di volte il nome di don Gallo. Alzai gli occhi dal piatto e riuscii a vedere la rapida carrellata di immagini con cui la televisione ha inquadrato la vita e soprattutto la testimonianza di questo prete sempre in prima linea, anzi fuori dalla trincea quale fu il prete dei bassifondi umani del porto di Genova.
Don Gallo è un mio coetaneo e con lui ho “fatto amicizia” attraverso la lettura dei suoi scritti un paio di anni fa. Per molto tempo avevo pensato a lui come ad un prete sovversivo facente parte della fronda ecclesiastica; poi, conosciutolo un po’ di più, ho capito che era “un prete da Vangelo”: onesto, schietto, libero, anticonformista ed innamorato degli uomini, specie di quelli che il mondo ecclesiastico considera fuori dalle righe e che qualche anno fa le gerarchie avrebbero “sospeso a divinis” e qualche secolo fa mandato al rogo.
Fino a ieri i cristiani allineati, tra i quali ci sono stato per molti anni anch’io, l’hanno guardato con sospetto, ma ora sono certo che in meno di un paio d’anni lo presenteranno come una delle bandiere al vento di cui si fregerà anche la Chiesa ufficiale.
Per Pasqua la mia “Beatrice” m’ha regalato l’ultimo volume di don Andrea Gallo, dal titolo in linea col personaggio: “Come un cane in chiesa”. Credo che non avrebbe potuto descriversi in un modo migliore. La signora Laura mi ha allegato al volume il biglietto che trascrivo perché offre una giusta pennellata per definire la mia recente “amicizia” con questo prete di frontiera.
Caro don Armando, immagino che lei non sappia più dove mettere i libri che le vengono regalati e non so dove trovi il tempo per leggerli. Penso che stia ancora gustando i testi sul cardinal Martini, perciò non si affanni a leggere questo. Ma quando un giorno avrà dato una scorsa – e non solo un’occhiata alle figure di Vauro, che sono simpatiche ma “strampalate” come l’autore – mi sappia dire che cosa ne pensa.
Il libro è recente, parla addirittura del governo Monti e don Gallo ha anche lui la sua bella età, 84 anni. E’ un prete particolare e su alcuni temi ha delle idee discutibili, incomplete, certamente controcorrente e più o meno “ingenue”, però credo che sia veramente un uomo di fede e un innamorato dell’uomo, un tipo che, come lei, non ama le sacrestie e che lavora, giorno e notte, fuori dalle trincee.
A me è piaciuto, fino all’ultima pagina. Con affetto e buona lettura!
Confesso che la notizia di questa morte non prevista del collega – non mi piace definirlo confratello perché è un termine che odora di sacrestia – mi addolora alquanto, mi sento più solo, sento di aver perduto un punto di riferimento quanto mai apprezzato.
Sono convinto che per la Chiesa italiana questa morte sia una grave perdita. Confesso pure che provo un senso di invidia per questo prete che ha avuto il coraggio di portare fino in fondo il suo cristianesimo da Vangelo e non da manuale, mentre io sono sempre rimasto a mezza strada.
Mi ripropongo di leggere il volume appena iniziato perché sono certo che la parola libera e schietta di questo “prete amico” mi farà molto bene.