“Lettera alla mia Chiesa che ha dimenticato Gesù”
La mia “amicizia” ideale con Ermanno Olmi, il famosissimo regista italiano, dura da moltissimi anni, almeno fin dal tempo dell'”Albero degli zoccoli”. Recentemente si è ancora rinvigorita col suo “Villaggio di cartone” e per alcune interviste ai giornali, sempre su temi di fede.
La mia simpatia è determinata da una “sintonia religiosa” veramente forte, tanto che le sue dichiarazioni fatte a mezzo della stampa e, in maniera ancora più esplicita, attraverso i suoi film, mi sono state sempre di tanto conforto ed incoraggiamento. Avere “dalla mia parte” un intellettuale ed un credente del genere, mi ha sostenuto, liberandomi, in qualche modo, da una solitudine ideale che spesso mi preoccupa e mi addolora.
Qualche giorno fa un volontario mi ha regalato un volumetto di Olmi che, fin dal titolo, mi ha incuriosito in maniera quasi morbosa: “Lettera ad una Chiesa che ha dimenticato Gesù”. Sto leggendo il volume, però sento il bisogno di riportare integralmente, fin da subito, la sua presentazione scritta sulla spalla della copertina, perché posso ritenerla come “manifesto” del mio credere oggi. Quando avrò finito il volume, ci ritornerò, perché le argomentazioni di Olmi e le sue analisi sulle “piaghe” della Chiesa odierna, mi paiono valide almeno quanto quelle più che note di Rosmini.
“Attinge alle emozioni più profonde questa lettera appassionata, e il suo autore, fra i più grandi cineasti viventi, non nasconde che forse disturberà gerarchie e devoti benpensanti, ma nella sincera convinzione che il nostro Occidente e la nostra Italia – sempre più piccola e incapace di grandi slanci – abbiano bisogno di un supplemento d’anima.
La Chiesa dell’ufficialità è sempre più lontana dagli uomini di questo tempo, il suo apparato ha esaltato la “liturgia del rito” dimenticando la “liturgia della vita”, ha aperto sportelli bancari anziché combattere l’idolatria del superfluo, ha fatto di se stessa un dogma svilendo la sacra libertà della coscienza. Questa progressiva lontananza dall’umanità è coincisa con un allontanamento da quel falegname e rabbi di Nazareth che con la sua vita ha suggerito l’unica strada della gioia: spendere senza sconti il bene prezioso della propria esistenza.
Nel rivolgersi alla Chiesa, Olmi chiama in causa anche altre “chiese”, che con la loro supponenza si sono allontanate dalla realtà: le “chiese” dei potenti, delle lobbies, degli pseudo-intellettuali e di tutti coloro che vorrebbero condannarci a consumare in perpetuo per sostenere sistemi ed economie che hanno divorato il patrimonio di nostra madre Terra nell’illusione che le sue risorse fossero illimitate.
Da sempre attento ai temi della religiosità, Olmi non disdegna di dire che la sua è frutto più del sentimento che della dottrina, perché «i sentimenti sono misteriosi, e hanno dentro più verità di qualsiasi ragionamento»”.