Un mio amico, mi ha passato un ritaglio di giornale in cui appare il volto smunto e sofferente del Cardinale Martini, già vescovo di Milano, in occasione della presentazione di un suo libro circa il problema della morte.
Tutti sanno che dopo il tempo del raggiungimento della pensione, il cardinale, biblista provetto, si è ritirato in Palestina, in un ambiente in cui si respira il profumo della Bibbia ed in un paesaggio che offre una cornice adeguata alle Sacre Scritture, per continuare i suoi amati studi biblici.
Colpito dal male, è ritornato in un convento milanese dei Gesuiti per prepararsi alla morte. In quest’ultimo tempo della vita, questo grande vescovo, della più grande diocesi d’Italia, ha rivolto la sua ricerca e la sua riflessione su un tema che lo tocca molto da vicino e che non lascia alcuno indifferente, anzi che coinvolge in maniera drammatica tutti coloro che si trovano coscientemente nella sua stessa condizione.
Io ho sempre seguito con attenzione l’azione pastorale di questo vescovo, le sue prese di posizione, non sempre allineate al pensiero teologico corrente e anzi spesso, seppur in maniera garbata e prudente, anticipatrici degli orizzonti nuovi che si affacciano all’orizzonte della chiesa.
Ho sempre ammirato la sua pacatezza, il senso di responsabilità e prudenza e nello stesso tempo la sua intelligenza di precursore e il suo coraggio dall’uscire dalle file.
Ora mi trovo di fronte ad un uomo, ad un credente che però si fa domande, ha timore e forse paura del mistero della fine. E’ vero che Quattrocchi disse ai suoi uccisori “Vi farò vedere io come un italiano sa morire!”, però ogni uomo reagisce a modo suo di fronte al mistero, l’intellettuale sopraffine accetta la prova con più consapevolezza e meno ribalderia!
Io? Credo di non saper fare ne questo ne quello, per questo domando aiuto al Signore.