Tentativo di messa in rete

Il mio tentativo di premere perché “la carità” della Chiesa veneziana sia messa in rete ad esprimere in maniera sempre più esplicita ed evidente il volto e il cuore di Cristo verso i fratelli in difficoltà, è ormai un fatto scontato, o quasi, che non fa purtroppo più notizia.

Debbo confessare che i risultati di questi tentativi sono pressoché insignificanti. Da anni insisto perché tra tutte le strutture, i movimenti e le iniziative benefiche, o meglio solidali, si dia vita ad una federazione che raccordi, faccia interagire e parli ad una sola voce alla città e ai suoi reggitori, di tutto quello che riguarda la solidarietà. Da anni sollecito la nascita di un periodico che maturi nella Chiesa veneziana e nella città la cultura solidale, faccia conoscere l’esistenza e promuova ciò che ancora manca.

E’ da anni che spingo perché si crei un centro di coordinamento di studio, di programmazione, che organizzi al meglio e in maniera moderna l’esistente, e promuova ciò che ancora manca, cosicché le risposte ai bisogni siano rapide, puntuali, appropriate ed esaustive. E’ da anni che insisto perché si dia vita alla “Cittadella della carità”, perché ci sia un Centro in cui convergano i servizi essenziali e sia presente “il cervello e il cuore” della carità della diocesi.

Forse il prospettare la nascita di un mondo nuovo mette paura, tanto che essendo venuto a conoscenza di una iniziativa di un’associazione che raccoglie e distribuisce indumenti a chi ne ha bisogno, mi è venuto da sperare che “la politica dei piccoli passi” possa essere la vincente.

L’associazione di volontariato “vestire gli ignudi” nell’Italia settentrionale è di gran lunga la più significativa; infatti conta trentamila visite l’anno e gestisce l’ipermercato solidale che forse è il più efficiente anche a livello nazionale.

Notando un rallentamento di offerte di vestiti usati a causa della crisi ed un aumento delle richieste, sempre a causa della stessa crisi, è stato chiesto al Patriarca di destinargli almeno una parte della raccolta della Caritas che praticamente ha l’esclusiva del settore e che probabilmente vende a prezzi irrisori gli indumenti raccolti ad industriali di Prato.

Mi auguro che una risposta positiva segni l’inizio di una nuova “politica” di integrazione che spezzi la forma di individualismo esasperato che caratterizza questo settore.

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