A dire la verità ho la sensazione che da qualche anno a questa parte la Chiesa, i laici e i preti della nostra diocesi appaiano pochino nella stampa locale e spesso non facciano più notizia. Ho l’impressione che il gregge veneziano sia perfino più timido e più riservato delle “pecore con la lana”.
Qualche settimana fa c’è stata una notizia da sei colonne sul quotidiano locale in cui don Emilio Torta, il parroco di Dese, ha affermato, facendo eco al parroco di San Vito e Modesto di Spinea, che è preferibile rubare ai ricchi, perché i poveri non siano costretti alla disperazione e al suicidio.
Tutto questo ha avuto il precedente di un suicidio “per crisi” a Spinea e un seguito: una banda ha assaltato un furgone portavalori nell’autostrada con un bottino di cento milioni di euro. Dopo questo secondo evento però non ho ancora sentito dire che gli assalitori dei ricchi dei supermercati abbiano cominciato a distribuire i soldi ai poveri!
Di primo acchito m’era venuta la tentazione di prendere in mano il telefono per dire a don Emilio, prete che ammiro e stimo quanto mai,: «Aderisco alla tua banda!» Infatti lui ha dichiarato al “Gazzettino” che era disposto a mettersi a capo di chi era disposto a togliere ai ricchi per dare ai poveri.
La cosa si ingarbugliò però subito: il questore ha affermato che le leggi valgono per tutti. Questa è un’affermazione ingenua e ipocrita, perché non è vero che in pratica sia così, infatti c’è ormai una “casta”, come si usa dire, che ruba “legalmente”. Un ladro di professione ha affermato poi che da una vita fa questo mestiere, però ha passato più di venti anni in galera.
E poi ho cominciato a riflettere: “Se con don Torta riusciamo a portare a termine qualche colpo a scapito di una delle poche aziende che funzionano ancora, ci saranno nuovi disoccupati che s’aggiungeranno alla folla immensa che c’è già ed inoltre si spegnerebbe una fonte che produce ricchezza e quindi ce ne sarebbe ancora meno da spartire.
Perciò penso che sia più giusto che ce la prendiamo con chi da troppo tempo campa fin troppo bene sulla cattiva gestione del denaro “estorto legalmente” al cittadino, con chi continua beatamente a lavorare poco e male, con chi passa il tempo in schermaglie verbali e fittizie, semina sogni impossibili e favorisce l’ingiustizia e perpetua l’oppressione del povero.
Ho quindi pensato di suggerire a don Torta che da un lato impegniamo le nostre comunità a puntare concretamente su obiettivi solidali e, dall’altro lato, continuiamo a denunciare senza sosta e senza risparmi di colpi, chi sta conducendo alla miseria economica e morale il nostro Paese.