Scrivo queste note quando il calendario segna venerdì 19 aprile. Il nostro Paese è proprio al culmine del tormentone per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Quando uscirà questa pagina di diario spero che tutto si sia calmato e l’Italia abbia ripreso il suo cammino lento e, purtroppo, sonnolento, impasticciato come al solito da mille furfanterie, e al Colle segga qualcuno che sappia tener ben forte le briglie dei partiti.
Il nome che è agitato sul pallottoliere e che, quasi per caso, potrebbe uscire, è quello del professor Rodotà. Non conosco bene questo personaggio presentato da Grillo, ma che pare pur gradito a tutto quel mondo laico che gira attorno alla sinistra. Io l’ho sentito una volta soltanto parlare alla televisione e precisamente a “Ballarò”, la rubrica settimanale di politica che si muove apertamente all’interno di mentalità e scelte di sinistra. Ad essere onesto Rodotà non m’è piaciuto affatto: saccente, presuntuoso, un po’ isterico e quanto mai fazioso, tanto che m’è parso stesse ad ogni momento per dire “so tutto io”. Non so come la pensi da un punto di vista religioso e morale ma, ad occhio e croce, non mi pare che guardi con troppa simpatia la Chiesa e i suoi “derivati”.
Comunque, confesso che non spenderò neppure una giaculatoria per chiedere che il buon Dio ci scampi da un uomo del genere. Mi pare di aver finalmente capito che “gli uomini si agitano ma è Dio che li conduce”, come dicevano i nostri vecchi.
Da qualche tempo a questa parte ho la sensazione che facciano più bene alla nostra fede i persecutori che i protettori. Se Rodotà andrà al Colle, significherà che questo è l’uomo che ci siamo meritati e che forse la sua poca simpatia verso il mondo cristiano ci sarà più di vantaggio che di svantaggio, perché ci costringerà a tirar fuori fede, coraggio e combattività, perché credo che sia finito il tempo, anche per noi cattolici italiani, di esser protetti, coccolati e privilegiati, se vogliamo essere una presenza autenticamente evangelica e non una istituzione preoccupata di difendere i suoi beni e il suo status quo.