“Gente Veneta”, il settimanale della nostra diocesi, arriva al “don Vecchi” il venerdì in tarda mattinata. Venerdì scorso, come sempre, l’ho sfogliato velocemente per apprendere le notizie di maggior rilievo ed anche per essere un po’ confortato: perché mentre sul Gazzettino non trovo che titoli che mettono in luce tutte le magagne della nostra città – che sono pressoché infinite – nel settimanale diocesano pare che le parrocchie, il vescovo e le associazioni cattoliche passino di trionfo in trionfo! “Gente Veneta” me lo tengo appresso perché mi è di conforto il poter apprendere che nel patriarcato di Venezia è eterna primavera.
Venerdì scorso dunque diedi un’occhiata ai vari titoli e mi soffermai un istante sul titolo a quattro colonne in prima pagina: “Il Patriarca: ricordiamoci i poveri!”. Ma soprattutto l’occhiello destò il mio interesse; diceva infatti: “per i senza fissa dimora un nuovo dormitorio a Mestre”. La cosa mi incuriosì quanto mai e andai immediatamente a pagina 10 alla quale rimandava il “titolo civetta”.
Sopra una foto a cinque colonne in cui è ripreso il Patriarca a Betania (la mensa dei poveri di Venezia) il giornalista riportava le parole del nostro vescovo: «Vorrei accrescere l’accoglienza che diamo in terraferma per quanto riguarda il dormitorio. Cercherò di fare in modo che nei prossimi mesi si individuino gli spazi e si reperiscano i fondi per realizzare una nuova struttura di accoglienza per la notte per una ventina di persone».
La mia prima reazione è stata: “Finalmente!” La seconda: “A Mestre non si farà una `nuova struttura’, perché quella sognata sarà la prima in assoluto! Perché al di fuori dei Centri don Vecchi, che attualmente mettono a disposizione 315 alloggi per gli anziani poveri, e la parrocchia di via Aleardi, che offre ospitalità per una settimana alle badanti che vengono dai Paesi dell’est, la Chiesa veneziana non offre nient’altro”.
Il mio terzo pensiero: “Speriamo non si pensi a un dormitorio come quello gestito dal Comune in via Santa Maria dei Battuti, perché quello, nonostante tutta la buona volontà di Chimisso e degli attuali gestori, è una struttura di stile ottocentesco assolutamente sorpassata”.
E ancora: “Speriamo che si riuniscano tutti gli esperti del settore, ma soprattutto coloro che si occupano positivamente di queste cose per sentire il parere di tutti”.
E non è finita: “Venti posti sono assolutamente pochi, bisognerebbe arrivare almeno a cinquanta”. “La struttura a cui puntare dovrà essere quella di un albergo, per quanto modesto”. “La gestione non solo non deve pesare sulla diocesi, ma anzi deve essere attiva se si vuole che essa continui. A questo riguardo noi del “don Vecchi” avremo più di un consiglio da offrire”.