Il testamento

Un mio vecchio parrocchiano che ogni anno, quando andavo a benedire la sua famiglia, ripeteva puntigliosamente che lui non era credente, un paio di anni fa mi ha scritto una lettera diffidandomi dal continuare ad invitare i concittadini a ricordarsi degli anziani poveri e suggerire a chi non aveva responsabilità e doveri verso dei congiunti, di far testamento a favore dei Centri don Vecchi.

Di certo non ho tenuto alcun conto di questa intromissione inopportuna, ho continuato per la mia strada ottenendo, fortunatamente, dei buoni risultati. Per timore che qualche altro concittadino mi accusi di autoreferenzialità, non faccio l’elenco dei lasciti ottenuti, però assicuro che i quattro Centri, con i relativi 315 alloggi protetti, non sono frutto di rapine in banca, ma il risultato di offerte e di lasciti testamentari da parte di concittadini saggi e generosi che hanno pensato anche a chi era meno fortunato di loro.

So per certo che altri concittadini hanno fatto questa scelta. Prego perché questa bella gente sono convinto che meriti una vita lunga e felice, ma spero che il giovane consiglio di amministrazione che governa attualmente la Fondazione, prima o poi raccolga i frutti dei semi che ho seminato, anche se non tutti i miei colleghi e i miei concittadini erano, o sono, di questo parere.

Più volte ho confidato a chi mi legge che io ho un’unica “padrona di casa” a cui mi sforzo di obbedire: la mia coscienza. Finora mi sono sempre trovato bene e perciò non ho nessun motivo per fare scelte diverse. Anche recentemente mi sono incontrato con un concittadino che ha avuto il coraggio e la saggezza di destinare a qualcuno che è in difficoltà il frutto della sua lunga vita di lavoro. Qualche settimana fa mi giunse la telefonata di un vecchio ingegnere che aveva intenzione di lasciare la sua casa alla Fondazione. Lo raggiunsi, lui si informò accuratamente sui progetti che stiamo perseguendo, sull’attività a favore degli anziani e poi mi confermò che avrebbe parlato col suo legale per perfezionare il testamento. Uscii dall’incontro edificato dalla lungimiranza e dalla saggezza di questo signore che ha avuto il coraggio di destinare il frutto del suo lavoro a coetanei meno fortunati.

Confesso che però faccio fatica a capire perché tanti altri concittadini che potrebbero farlo, senza nuocere a nessuno, non lo facciano, affinché la nostra città possa avere delle risposte adeguate alle urgenze più gravi di tante persone in difficoltà.

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