C’è sempre qualcuna delle persone più vicine a me che mi rimprovera amabilmente perché “io dico tutto!”.
Quando ero in parrocchia, ero solito pubblicare su un bollettino parrocchiale, tutte le offerte che ricevevo. In verità, anche da questo lato, io mi ritengo un uomo fortunato, perché mentre alcuni colleghi si piangono addosso dicendo che la gente non è generosa, io ho sempre riscontrato l’opposto, forse anche perché ho puntato a sottolineare la generosità dei miei parrocchiani piuttosto che l’avarizia.
Ricordo un vecchietto di via Guido Negri – una strada di Carpenedo – che era solito fare la somma di quanto dichiaravo d’aver ricevuto durante la settimana e si meravigliava dell’entità. Gli amici mi suggerivano di smettere di pubblicare le offerte. Io però non sono mai riuscito a capire perché, se incontro qualcosa di bello, non lo si debba confidare alle persone con cui vivo. In fondo alle stesse persone segnalo tutte le meschinità che incontro sulla mia strada.
Ho compiuto ottantaquattro anni il 15 marzo. Quest’anno la data cadeva di venerdì; quindi, non per superstizione, ma perché al “don Vecchi” ci saremmo incontrati l’indomani per la messa prefestiva, decisi di festeggiare questa data importante appunto di sabato. I festeggiamenti sono consistiti in una bella messa celebrata assieme, qualche preghiera specifica, molti doni semplici, ma fatti col cuore, un brindisi e la torta offerta con la solita generosità dalla ditta di pompe funebri Busolin, e i pasticcini offerti dal catering “Serenissima ristorazione” che serve i pasti al “don Vecchi”.
In tale occasione tutti si aspettavano una parola ed io ero cosciente di doverla dire (quando si vive in famiglia è giusto mettere tutto assieme). Iniziai dicendo: «Cari amici, vi garantisco, per esperienza diretta, che almeno fino agli ottantaquattro, la vita è bella e si può essere contenti. Vale la pena di vivere con fiducia, di far di tutto per aiutare gli altri, di non risparmiarsi perché l’impegno allunga e rende più bella la vita piuttosto che accorciarla e renderla più faticosa. Di queste cose ero, e sono, pienamente convinto, ed essendo la mia vita sotto gli occhi di tutti, spero di esserne un testimone credibile.
Qualcuno dice che sono “una roccia”, quasi non mi costasse l’impegno. Non è vero, sono invece un pover’uomo soggetto a paure, entusiasmi e scoraggiamenti ma anche, su suggerimento del fondatore degli scout – a lui devo molto – voglio essere io al timone della mia barca e, nonostante tutto, voglio lasciarmi indirizzare dalla “stella polare”!