Ora tocca a noi!

Assai di frequente da qualche tempo faccio fatica a trovare temi convincenti su cui riflettere, tanto che confidai alla mia “Beatrice” che se non avessi trovato argomenti per me validi, e capacità di esprimerli in maniera decente, avrei chiuso con questo “diario” che ogni settimana mi sembrava sempre più logorroico e pedante.

La signora Laura, mia “maestra” di sempre, che ha la bontà di non fare segnacci con la matita rossa o blu, ma che si dà invece da fare per tentare di riordinare i miei scritti selvaggi, è stata quanto mai materna in questi ultimi tempi, dicendomi, con una graziosa bugia, che anche le ultime pagine le erano piaciute, mentre a me destavano angoscia e repulsione.

Ebbene, vi confesso, amici cari, che questo Papa ha messo le ali al cuore a me ed anche alla mia povera penna biro, tanto che mi trovo in difficoltà a scegliere i migliori tra i suoi gesti veramente profetici. Erano davvero decenni che sognavo l’arrivo di qualcuno che inverasse il discorso del Concilio Vaticano Secondo, qualcuno che indicasse, come obiettivo assolutamente necessario, quello della “Chiesa dei poveri”.

Papa Francesco ha aperto il suo discorso con i fedeli della sua diocesi e con i cristiani del mondo intero, dicendo che sognava e si impegnava per una “Chiesa povera” che cammini con i poveri e per i poveri. Questo discorso è stato delizia per il mio animo, perché non riuscivo proprio a capire chi potesse ancora credere ad una Chiesa opulenta, amica dei ricchi, che vestiva “di porpora e di bisso” come nella parabola di Lazzaro e del ricco epulone, che trafficava con operazioni speculative e spericolate con denaro di dubbia provenienza e di ancor più dubbia destinazione.

Ora almeno so, con certezza, che sono almeno dalla parte del Papa e che le scelte che ho tentato di fare finora non sono state del tutto sballate. Credo che ora nessuno mi potrà più fare osservazioni quando continuerò a ripetere quello che sono andato dicendo spesso in tanta solitudine: che la comunità parrocchiale non può illudersi di essere una comunità cristiana se non si attrezza ad aiutare in maniera seria i poveri, e così una diocesi se non impegna uno dei suoi membri migliori per stimolare, ordinare e metter in rete la carità; che un cristiano non ha diritto di arrogarsi di questo nome se non si dà da fare ad ogni livello per farsi carico dei fratelli più fragili.

So che non ho diritto di “scagliare pietre”, però spero che non ci sia più alcuno che tenti di nascondere “le sue vergogne” dietro una foglia di fico che il Papa ha eliminato fin dal suo primo giorno di ministero.

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