La predica del nuovo Papa

Il 19 marzo, giorno in cui Papa Francesco ha inaugurato ufficialmente la sua missione di vescovo di Roma e di vicario di Cristo per la Chiesa universale, ero costretto a casa per un attacco influenzale. Suor Teresa, forte del fatto che per una vita mi ha fatto da infermiera, mi aveva vietato, in maniera assoluta, di prender aria, perché per la mia età e per i miei trascorsi a livello di salute, uscire, a parer suo, era assai pericoloso.

Una volta tanto fui felice di avere l’influenza e del divieto di uscire per assolvere i miei impegni pastorali. Questo incidente di percorso mi ha permesso infatti di poter seguire dall’inizio alla fine l’intero servizio televisivo della prima messa, per Roma e per il mondo, del nuovo Pontefice.

Non vi sto a raccontare quanto sono stato felice di non riscontrare, una volta ancora, il “sacro folklore” in uso dal Vaticano, di scoprire che il Papa non indossava le scarpe rosse di Prada, “segno della disponibilità a versare il suo sangue per Gesù”, né la croce d’oro e tante altre coserelle del genere che, secondo alcuni, esprimerebbero la sensibilità del momento e della sua persona, affidando invece al suo sorriso, alla sua tenerezza e alla sua calda umanità il compito di mostrarsi un discepolo autentico di Gesù.

Non insisto su questi particolari perché i giornalisti sono stati tanto zelanti da sembrare persino pedanti nel sottolineare questi aspetti. Mi soffermo invece su un altro particolare, lasciandomi andare ad una confidenza che riservo solamente ai miei amici. Vi confesso, cari lettori, che è stata una delle poche volte che ho ascoltato con piacere ed ho capito la predica di un vescovo e di un Papa. Di solito mi rassegnavo a “far penitenza” per certi discorsi astrusi, preparati dagli “esperti”, che questi celebranti fanno perfino fatica a leggere, quando non mi appisolavo o pensavo ai fatti miei.

Finalmente ho capito quello che questo “prete” voleva dirci, ho condiviso il discorso e sono rimasto convinto che esso era il messaggio che interpretava il cuore di Gesù.

Se la prossima volta poi il Papa terrà in tasca gli appunti, come son solito fare anch’io, andrà ancora meglio, perché ho osservato che quelli che teneva in mano gli hanno creato una qualche difficoltà.

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