“Ho chiuso lunedì”

Conservo nel mio animo un vecchio ricordo che mi è ritornato tristemente a galla qualche giorno fa.

Al tempo in cui l’aereo che trasportava la squadra del Torino andò a fracassarsi sul colle di Superga, uno dei soliti giornalisti invadenti e poco rispettosi del dolore ha chiesto ad uno spettatore, che guardava sbigottito i resti fumanti dell’aereo in cui sono morti i famosi giocatori di calcio, che cosa provava di fronte a quel dramma. Quel signore rispose: «Quando leggi sul giornale di una tragedia del genere ti viene spontaneo sentire compassione, ma quando, come in questa occasione, è coinvolto un tuo amico, è tutt’altra cosa»!

Quando cominciammo a parlare del “don Vecchi” di Campalto, venne da me un signore ad offrirsi di farsi carico, con la sua azienda, a titolo gratuito, degli scavi e dell’asfaltatura, volendo collaborare alla realizzazione del nostro progetto benefico. Ebbene qualche giorno fa questo signore è tornato da me per dirmi che il giorno prima aveva dovuto chiudere la sua azienda, per cui non poteva mantenere la promessa fattami un tempo. Accorato, triste, frastornato, mi parlò della sua piccola azienda, dei suoi operai, della fatica di quarant’anni per crearsi un’azienda efficiente, aggiornata, motivo e vanto della sua vita. Quell’uomo aveva investito tutta la sua vita per realizzarla dal nulla.

«Ora, mi diceva, sono stato costretto a chiudere. La mancanza di lavoro, la chiusura del credito, la concorrenza di chi lavora in nero e sfrutta gli operai, m’hanno messo in ginocchio e se sarò costretto a vendere le macchine per le quali non mi daranno quasi niente».

A stento trattenne le lacrime, quest’uomo appena sessantenne, piegato e sconfortato di fronte al disastro della sua azienda.

Ora ho ben capito che altro è leggere sui giornali che le piccole aziende sono costrette a chiudere e che i piccoli imprenditori sono ridotti alla disperazione, ed altro è vedere lo sconforto, la desolazione e la rabbia di un uomo solo, impotente e tradito da una società che abbandona “gli sconfitti” come rifiuti inutili e ingombranti.

La logica dei discepoli del “dio denaro” che, ben mascherati, manovrano le banche, le borse e il mondo della finanza, è sempre stata egoista, arruffona e senza coscienza, ma oggi questa gente è finita al parossismo, non vede che il suo interesse, anche se le aziende affondano, gli operai sono per strada e i piccoli capitani di industria si tolgono la vita.

Quanta ragione ha Cristo quando dice: «Non si può servire Dio e il denaro!» e quando soggiunge: «E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli!».

Per me c’è un’unica soluzione sicura e praticabile alla crisi di oggi: la conversione!

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