E’ il primo marzo. Mentre sto scrivendo questa pagina di diario non so quando sarà pubblicata. Il Papa, neanche da 24 ore, non è più Papa.
In questi ultimi giorni non si contano più gli amici, i lettori de “L’incontro” e i concittadini che mi han chiesto un parere sulle dimissioni del Pontefice. Su questo argomento hanno parlato talmente in tanti, tanto esperti e da tante angolature. Anch’io sono intervenuto ben due volte, la prima con la didascalia sulla facciata de “L’incontro” che abbiamo dedicato a papa Benedetto, e la seconda volta con una pagina di diario.
Ho già detto con chiarezza e convinzione la mia ammirazione e la mia gratitudine per quanto questo Papa ha fatto per la Chiesa e pure per la decisione di concludere in maniera diversa dai Papi degli ultimi secoli, il suo ministero di successore di san Pietro e di vescovo di Roma.
Già nei precedenti interventi ho accennato ad un aspetto particolare che a me pare quanto mai provvidenziale, ma sento il bisogno di ribadirlo, anche se mi rendo conto che è un discorso un po’ difficile da fare e più ancora difficile da ritenere positivo per Papa Benedetto.
A me è piaciuto che il Papa, come tutti i comuni mortali, abbia lasciato capire: “Sono vecchio, sono stanco, non ce la faccio più, desidero vivere in pace i miei ultimi giorni, sono nauseato ed impotente di fronte a tutti gli intrighi che ci sono in Vaticano, le cose mi scappano di mano, desidero leggere gli autori che mi sono cari, suonare un po’ l’armonium ed essere libero di fare qualche passeggiata in santa pace. Anche perché ci sono vescovi più giovani che possono fare meglio di me”.
M’è parso che con questa scelta il Papa sia voluto tornare ad essere uomo, uscendo da quel mondo in cui tutto è chiamato sacro, dal modo con cui ci si rivolgeva a lui (Sua Santità), al luogo ove abitava (i “sacri palazzi”), al modo in cui era costretto a vestirsi.
M’è parso tanto saggio che egli abbia voluto uscire da tutto quel marchingegno di tradizioni, di formalità e di ritualità sempre un po’ magiche, per reinserirsi finalmente nei ritmi normali di tutte le persone di questo mondo. Tutto questo l’ha capito anche il presidente Napolitano dicendo che la data di nascita conta.
Ben s’intende Papa Benedetto non riuscirà ad infrangere tutto quel mondo sacrale; ci sono infatti troppi interessi, troppe ambizioni, troppe consuetudini perché la sua scelta produca una svolta definitiva di umanizzazione. Comunque credo che lui abbia il merito di aver fatto la sua piccola grande parte.
A dire la verità fino in fondo, io avrei sognato che avesse preso in affitto un appartamento in una delle tante borgate di Roma dicendo al parroco relativo, che probabilmente è senza cappellani: «Vengo a dirti una messa alla domenica e se hai bisogno che io ti dia una mano per le confessioni dei bambini della prima comunione, lo faccio volentieri». Questo lo avrei più apprezzato che il suo ritirarsi a Castel Gandolfo ancora con guardie, dimora principesca, saloni e giardini favolosi.
Papa Benedetto ha fatto un passo verso lo stile di Gesù, ma credo che nella nostra Chiesa ci siano molti passi del genere ancora da fare.