Il germoglio di una semente lontana

Qualche giorno fa la segretaria del “don Vecchi” mi ha passato una telefonata di un signore che chiedeva di me. Di primo acchito, sentendo questa voce sconosciuta che mi diceva: «Sono Matteo», rimasi un po’ disorientato. Sono infatti moltissimi i miei concittadini che conoscono me: prediche, articoli, interviste, mi hanno reso “noto” in città, mentre per me i volti e le voci, pur per scelta volendoli incontrare come volti e voci di fratelli, mi rimangono tuttavia sconosciuti.

Avvertendo la mia titubanza, quella voce virile mi precisò: «Sono Matteo Papa, l’obiettore di coscienza che ha prestato servizio civile al don Vecchi». Immediatamente mi ricordai del volto, poco più che adolescente, del ragazzo volonteroso, intelligente e sempre disponibile, che per un anno e mezzo fu di prezioso aiuto ai nostri anziani.

Matteo – certo che gli avrei dato una mano – mi raccontò una delle tristi storie di immigrati, spinti dalla miseria e dai regimi dittatoriali, nella nostra terra. Due coniugi del Marocco con quattro bambini, spinti dalla disperazione, s’erano rifugiati in una casa cantoniera della ferrovia attualmente disabitata. Freddo, mancanza di acqua, di luce, di pane e con la paura della polizia per l’occupazione abusiva, costringevano questa famigliola a stare rintanata nelle stanze buie e gelide.

Il vecchio obiettore in servizio civile se n’è accorto e, come il buon samaritano, ha subito provveduto a rifocillare questi poveri grami con un pasto caldo, poi ha continuato a guardarsi attorno per trovare una soluzione più risolutiva. S’è rivolto quindi al suo vecchio “datore di lavoro”.

Diedi a questo caro ragazzo qualche consiglio, gli offrii l’assistenza per i generi alimentari e la frutta e verdura e per gli indumenti disponibili presso il polo solidale del “don Vecchi” e, semmai, rimasi disponibile ad un qualche modesto aiuto di ordine economico. Però ero, fin da subito, conscio della estrema difficoltà a risolvere questo dramma. L’intervento immediato, la disponibilità e la seria decisione di questo giovane ex obiettore di coscienza di bussare a tutte le porte e di non scrollarsi dalle spalle questa situazione – che è terribilmente difficile anche per il più esperto di servizi sociali – mi ha fatto enormemente bene.

Quella di Matteo è stata una delle più belle “prediche” che ho sentito durante l’ultima quaresima!

La gestione degli obiettori di coscienza non è stata sempre facile, ma se quella fatica non avesse prodotto nient’altro che la testimonianza di Matteo, son ben felice di averla fatta.

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