Il Dio di Ruini

Più di quarant’anni fa, al tempo in cui ci fu una grossa emigrazione di operai dal sud al nord Italia, perché allora le fabbriche del nord “tiravano” e assumevano manodopera anche poco qualificata, partecipai ad un convegno che si tenne a Gallarate su questo argomento. La salita di cristiani del meridione in Piemonte, Lombardia e pure nel Triveneto ponevano infatti anche problemi di ordine pastorale. Mentalità, tradizioni e stili religiosi del sud emotivo e caldo, finivano per mal conciliarsi con una certa compostezza e freddezza dei cristiani del settentrione.

A questo dibattito partecipavano preti sia del sud che del nord, per cercare di capire da parte nostra la sensibilità religiosa del meridione e vedere come innestarla nelle strutture e nella sensibilità delle nostre comunità. Ricordo che di fronte ai discorsi di un prete di Napoli che menzionava le confraternite, le feste patronali e i riti tipici del meridione, un lombardo sbottò in una battuta tagliente: “Pensa, reverendo, che il vostro Dio assomigli al nostro?”.

In questi ultimi tempi sto leggendo, con tanta fatica e tanto lentamente, un grosso volume – 300 pagine – del cardinal Ruini, che ha come titolo: “Dio”. In questo recente volume il cardinale, che è stato fino ad un paio di anni fa il presidente dei vescovi italiani ed un diretto collaboratore del Papa, affronta tutte le problematiche che la cultura contemporanea sta elaborando nei riguardi dell’esistenza di Dio.

Confesso che questo testo difficile ed ostico mi incuriosisce, ma non mi fa bene, tanto che sono propenso a lasciarlo perdere. Ruini tenta di confutare tutte le posizioni degli oppositori della Chiesa attuale con argomentazioni arzigogolate, macchinose, irrequiete e talora stravaganti, almeno per me che sono persona di mediocre cultura e di grande semplicità interiore. Da questo volume vien fuori un Dio incerto e pieno di ammaccature. Mi riesce difficile, anzi rifiuto con decisione certi discorsi intellettuali, tali che arrivano ad affermare “cogito ergo sum” (penso e quindi sono). Io sono molto più vicino al famoso entomologo Faber che afferma, quasi in maniera paradossale, ma efficace quanto mai: “Io non credo perché semplicemente vedo Dio nel Creato”.

Ho l’impressione che il mio Dio sia meno misterioso e soprattutto meno problematico di quello di Ruini.

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