Nota della Redazione: ricordiamo che i gli appunti di don Armando risalgono a diverse settimane fa.
La notizia della morte per assideramento di un “barbone” su un pontile dei vaporetti in Riva degli Schiavoni ha impegnato tre colonne della cronaca di Venezia de “Il Gazzettino” e quattro righette su una sola colonna il giorno dopo. La cosa credo che sia stata ritenuta di poco conto se la si confronta con i titoloni su quattro cinque colonne dedicate alla campagna elettorale con tutte le problematiche suscitate dall’immensa folla di candidati che stanno dandosi gomitate senza esclusioni di colpi per riuscire ad ottenere la possibilità di “servire il Paese” e di offrire le loro “soluzioni miracolose”.
Il cronista ebbe ben poco da scrivere perché a chi può interessare la notizia che un “barbone” è morto di freddo in una notte senza stelle a Venezia? Credo che siano stati ben pochi i lettori della cronaca nera che si siano posti la domanda su che cosa ci fosse dietro quegli indumenti stracciati e sporchi e sullo squallore di quella morte solitaria sull’imbarcadero e meno ancora quelli che si siano chiesti che cosa si possa e soprattutto si debba fare perché queste cose non avvengano più, non tanto perché non sono convenienti per la bella Venezia e controproducenti per il turismo, ma perché non è degno di una città civile e di una Chiesa di discepoli di Cristo che un figlio di Dio viva e poi muoia così come fosse una bestia indecorosa e abbietta.
Il pensiero che questo decesso miserevole sia avvenuto quasi a ridosso delle belle, luminose e calde liturgie natalizie, mi rattrista e mi avvilisce maggiormente e di primo acchito mi è venuto da rivolgermi ai veneziani e a tutti coloro che fanno soldi con i milioni di turisti perché ci offrano un milione, e forse uno e mezzo di euro, per costruire un ostello per i senzatetto.
Noi della Fondazione siamo pronti a mettere a disposizione la superficie e, in collaborazione col Comune, a gestire una struttura del genere. Nel villaggio dell’accoglienza degli Arzeroni ci starebbe bene una simile struttura, magari un alberghetto di classe uno alla francese con una stanzetta monacale ma essenziale, pulita e decorosa, per ogni senzatetto. I cittadini potrebbero acquistare dei buoni alloggio del costo di pochi euro per darli ai poveri che chiedono l’elemosina, piuttosto che offrire loro denaro del quale essi non sempre fanno buon uso.
Non mi si dica che le parrocchie di Mestre non potrebbero assumersi questo onere! Se chi è deputato a gestire la carità dei quattrocentomila cattolici della diocesi veneziana avesse un progetto ben lucido e la volontà di dare alla carità la stessa importanza della messa e del catechismo e il coraggio di proporlo in maniera seria, nel giro di un anno al massimo l’operazione potrebbe andare in porto, per poi pensare per il prossimo anno ad un altro progetto solidale.