Gesu’ a nozze

Quest’anno spero proprio che il mio sermone a commento delle Nozze di Cana abbia fatto centro. Durante la predica c’è stata un’attenzione perfino superiore a quella ottima che registro ogni domenica nella mia “cattedrale fra i cipressi”.

La mia chiesa, che a molti dà l’impressione di una calda ed intima baita di montagna in cui si trovano cari e vecchi amici, è quanto di meglio un prete possa sperare. A me il buon Dio ha fatto questo splendido dono, per cui lo ringrazio cento volte al giorno. Per un vecchio prete che si avvia velocemente verso la novantina, che è conscio dei limiti di sempre e pure di quelli aggiunti dall’età, incontrare ogni domenica una comunità così cara ed attenta, è quanto di meglio un sacerdote possa desiderare. Però devo ammettere che talvolta, in particolare, la parola di Dio sembra calarsi come una dolce carezza che scalda il cuore e che aiuta a sentire quanto il buon Dio ci vuole bene e quanto sia bello camminare tenendoci per mano verso la Terra Promessa.

Già dal momento in cui ho cominciato a riflettere sul sermone da tenere fui avvolto da un’ebbrezza interiore che spero di aver trasmesso ai miei fedeli, così da aiutarli a fare una bella esperienza religiosa come dovrebbe avvenire ogni domenica.

Il sermone si è sviluppato su questi tre argomenti:

1) Gesù, con la sua partecipazione a nozze, abbraccia anche gli aspetti più festosi della vita. Ho notato da sempre, con perplessità, che la religiosità dei cristiani mostra sempre qualche reticenza e preoccupazione nei riguardi della felicità, dell’amore e del sesso. Ho capito finalmente fino in fondo che Gesù non la pensa così, infatti disse: «Sono venuto perché abbiate la gioia e la vostra gioia sia grande». Non bisogna temere, anzi dobbiamo godere appieno delle cose belle della vita, perché esse sono un vero e grande dono di Dio.

2) Gesù comincia la serie dei miracoli apparentemente con un “miracolo superfluo”, non strettamente necessario, e quindi ho riflettuto con la mia gente che anche i nostri involucri multicolori che avvolgono certi aspetti della vita hanno la loro importanza, che non si devono guardare con superiorità, ma anzi usare abbondantemente.

3) Gesù dona non solamente del vino, ma dell’ottimo vino, anche quando avrebbe potuto offrire un vinello da supermercato. La carità va fatta e va fatta bene, senza tirchierie, senza musi lunghi, ma spontaneamente e gioiosamente e con generosità.

A pensarci bene questi discorsi non sono quanto mai impegnativi, ma sembrava, quando li ho fatti nella predica, che i fedeli avessero scoperto l’America, tanto si è abituati, nel pensare comune dei credenti, alla legnosità, al negativo e alla paura del bello e di ciò che rende felice e gioiosa la vita.

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