Dopo tanto tempo ho partecipato ad una riunione dei sacerdoti di Mestre, un po’ perché l’incontro s’è tenuto al “don Vecchi” ed un po’ ancora perché il nuovo Patriarca m’ha fatto osservare che sarebbe opportuno che partecipassi almeno alle riunioni più importanti.
All’incontro erano presenti una quarantina tra preti e diaconi, per la maggioranza parroci. Oggi la stragrande maggioranza delle parrocchie di Mestre può contare solamente sul parroco; infatti i cappellani, ossia i giovani preti, sono pressoché scomparsi. Un tempo ero fortemente preoccupato per questo fatto, ora sono più sereno perché ritengo che questa carenza stimolerà i laici ad assumersi quelle responsabilità all’interno della Chiesa che i preti sono stati sempre restii a delegare. Ora la Provvidenza sta costringendoci a fare quello che con un po’ di fiducia e di lungimiranza avremmo dovuto fare almeno da un trentennio.
Il fatto che almeno da un paio d’anni non facessi l’esperienza di queste “congreghe” m’ha reso particolarmente sensibile e reattivo. L’argomento verteva soprattutto sul tempo in cui conferire la cresima e sull’abbandono della pratica religiosa da parte degli adolescenti.
Più di una volta, davanti a certi discorsi accomodanti, vellutati e privati di qualsiasi angolo sarei stato tentato di intervenire con quella rude franchezza che mi ha creato tanti “nemici”, però fortunatamente mi sono trattenuto, ricordandomi che il Patriarca, nell’incontro di presentazione avvenuto qualche settimana fa, m’ha detto che sono vecchio. Non avendo ancora capito cosa volesse dirmi, perché sarebbe stato perfino banale che si riferisse solamente alla mia età anagrafica, mi sono limitato ad ascoltare.
A dire il vero i discorsi dei colleghi non mi sono parsi troppo esaltanti, m’è parso di avvertire tanta rassegnazione, atteggiamento di ripiegamento e di difesa, non ho avvertito un guizzo di ottimismo, di coraggio, un tentativo di balzare fuori dalla trincea per andare al contrattacco, di consapevolezza di avere un messaggio valido, anzi il più valido a rispondere alle attese vere dell’uomo di oggi. Troppe parole mi sono sembrate acquistate al mercatino delle cose usate o, al massimo, all’ipermercato. Ho sentito pensieri “stanchi” e soggezione per la cultura del nostro tempo.
Alla sera, facendo l’esame di coscienza, mi sono chiesto: “Io sono forse un don Chisciotte, o l’ultimo dei moicani?”. Comunque ho deciso di tenermi alla larga da simili incontri perché, almeno secondo me, non mi fanno bene.