Un altro problema

Quando ero nella mia vecchia parrocchia, per parecchi anni potevo contare sull’aiuto di due giovani preti come collaboratori; poi, a causa della crisi delle vocazioni, ne rimase uno solo. Ora don Gianni, attuale parroco a Carpenedo, è rimasto solo, senza alcun aiuto stabile.

Per Pasqua, il mio successore mi ha chiesto di aiutarlo per le confessioni, cosa che ho fatto molto volentieri. A motivo di questa recente collaborazione, ho avuto modo di constatare personalmente la “crisi” di questo sacramento. Già ai miei tempi avevo notato la progressiva diminuzione dei fedeli che si accostavano al sacramento della riconciliazione con Dio. Ora però, mancando da più di sette anni dalla parrocchia, mi sono reso conto del livello di minima raggiunto.

L’organizzazione delle confessioni per Natale è stata perfetta: incontro a scaglioni di età, preparazione prossima adeguata, lettura dei testi biblici sul perdono, foglietti per l’esame di coscienza, ingaggio di un numero adeguato di sacerdoti (per cui le attese sono state minime). Con tutto ciò, pur non essendo in grado di quantificare il numero esatto, credo che tra bambini ed adulti non si siano superate le due, trecento anime e, in aggiunta, ho avuto la sensazione che i parrocchiani ormai si accostino alla penitenza quasi solamente in occasione delle confessioni organizzate: due o tre volte all’anno.

Se confronto questa situazione con quella che ho sperimentato da giovane prete, c’è un abisso numerico, e pure qualitativo, tanto da farmi pensare che piuttosto che insistere su questo tipo di organizzazione – che raggiunge percentuali infinitesimali – sarebbe più vantaggioso puntare su una formazione che faccia prendere coscienza ai fedeli del bisogno di chiedere perdono di frequente a Dio per le proprie miserie, magari potenziando e valorizzando il momento penitenziale all’inizio della Santa Messa, pur offrendo ogni settimana sempre tempi e momenti ben determinati per la confessione personale.

Ossia, mi chiedo se sia più opportuno insistere su una formazione permanente al pentimento e alla richiesta di perdono a Dio, orientando i penitenti alla confessione solamente in momenti particolari di disagio interiore, piuttosto che alla organizzazione di queste penitenziali comunitarie con l’assoluzione personale che raggiunge un numero insignificante di Cristiani.

Io non so e non posso dare una risposta, però mi vien da pensare che anche questo problema si riconduca a quello più vasto ed incombente dell’evoluzione religiosa, che richiede un ripensamento delle formule religiose per confermare ed alimentare la fede.

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