I miei ricordi dei tempi ormai tanto remoti in cui ho frequentato le aule scolastiche, sono spesso nebbiosi e assai sfumati. Mi spiace, ma non ricordo proprio se sia stato Mazzini, Garibaldi o Cavour ad affermare: “Abbiamo fatto l’Italia, ora bisogna fare gli italiani!”.
E’ stato laborioso e difficile unire gli staterelli che formavano lo stivale, ma pare tanto più difficile “fare gli italiani” se a 150 anni dall’unità d’Italia ci stiamo ancora arrabattando per trovare un denominatore comune tra nord e sud, tra laici e cattolici, tra destra e sinistra.
Questa logora reminiscenza scolastica mi viene in mente in occasione di “scaramucce” e talvolta “guerre” all’interno delle associazioni di volontariato o tra le stesse che formano quello che io, con una certa enfasi, chiamo “Il Polo Solidale del don Vecchi”.
Tantissime volte ho parlato di questa splendida realtà nata in simbiosi con i nostri Centri don Vecchi, realtà che, a parer mio, non trova l’eguale non solo nella nostra diocesi, ma pure in altre città, sebbene intraprendenti ed operose.
La “dottrina” che fa da supporto a queste associazioni, l’efficienza, il volume di solidarietà, il numero di volontari e soprattutto la folla di fruitori, rappresentano qualcosa di miracoloso. Basti pensare che i Magazzini san Martino ritengono di avere 30.000 “visite” all’anno, che il Banco Alimentare aiuta 2500 poveri alla settimana, che “La Buona Terra” distribuisce dai 15 ai 20 quintali di frutta e verdura al giorno, per rendersi conto di ciò che rappresenta questo polo.
Io però, prete, son consapevole che “il bene va fatto bene”, perciò gli ideali che motivano questo servizio, l’armonia e la serenità all’interno di ogni associazione e tra le stesse, la gentilezza e l’amabilità verso i fruitori dei relativi servizi, il disinteresse, la letizia e serenità e, soprattutto, la carità cristiana, dovrebbero essere il distintivo e il punto di forza di questo “Polo Solidale”.
Di questo stile di servizio, di questa benevolenza verso l’interno e l’esterno, non riesco proprio ad essere né certo, né orgoglioso. Spero che qualcuno mi aiuti a fare, dei duecento e più volontari, degli autentici “samaritani”. Però perché ne siamo molto lontani per ora non mi resta che pregare il Signore.